La sentenza della Cassazione è arrivata nella serata di oggi, martedì 24 ottobre: confermata la condanna a 6 anni 5 mesi e 15 giorni per la donna pratese, oggi 35enne, che nel 2018 partorì il figlio avuto da un ragazzino di appena 14 anni a cui dava ripetizioni di inglese in vista dell'esame di terza media. La sentenza spalanca le porte del carcere: diventa definitiva la condanna per atti sessuali e violenza sessuale per induzione su minore e la donna, assieme al proprio avvocato, Mattia Alfano, ha deciso di non aspettare i carabinieri ma di costituirsi subito a Sollicciano, il carcere con una sezione femminile più vicino a casa (si attende l'ordine di esecuzione per l'ingresso in cella). Quelle di oggi sono state ore di lunga attesa per l’imputata: il colpo di scena non c'è stato. Il ricorso in Cassazione, presentato dalla difesa, è stato respinto. Il terzo grado ha fatto suo il convincimento dei giudici di Appello che un anno e mezzo fa, a loro volta, sposarono la sentenza del tribunale di Prato apportando alla pena solo una piccola riduzione di 15 giorni per effetto dell'assoluzione dal reato di violazione di domicilio. Dunque, arriva la parola fine sulla vicenda venuta a galla nella primavera del 2020 quando il ragazzino, schiacciato dalla paura, dalla preoccupazione e dall'angoscia, confidò alla madre in cosa si erano trasformate le lezioni di inglese: non compiti, non studio, non libri ma incontri amorosi, anzi sessuali che ancora andavano avanti e dai quali un anno e mezzo prima, nell'estate del 2018, era nato un bambino. 29 anni lei, all’epoca, 14 lui. Un rapporto diventato ben altro da quello che doveva essere e dal quale, raccontò in seguito il giovane, non riusciva a sottrarsi a causa delle pressioni, dei continui messaggi e soprattutto delle minacce di rivelare a tutti la vera paternità del bambino se lui non avesse assecondato quella relazione, se non si fosse presentato agli appuntamenti, se avesse interrotto la frequentazione. Una minaccia troppo grande per il ragazzo diventato improvvisamente taciturno, solitario, insofferente, nervoso, preda di comportamenti insoliti e infine esplosi in un racconto che nessun genitore vorrebbe mai ascoltare. La madre, accompagnata dall'avvocato di famiglia, Roberta Roviello, si presentò in questura sperando in cuor suo che quelle minacce fossero solo un bluff, un ricatto. E invece, nel giro di pochissimi giorni, l'esame del dna confermò la paternità.
I sostituti Lorenzo Gestri e Lorenzo Boscagli aprirono un'inchiesta e sul registro delle notizie di reato finirono la donna, messa poi agli arresti domiciliari per un anno, e il marito, accusato di sapere di non essere il padre del bambino quando all'anagrafe lo registrò con il proprio cognome; un'accusa che ha prodotto una sentenza di condanna in primo grado e di assoluzione in Appello.
L'imputata, che nel corso dell'inchiesta fu sottoposta ad una perizia psichiatrica che la dichiarò capace di intendere e volere (dottor Renato Ariatti, lo stesso che valutò le condizioni psichiche di Anna Maria Franzoni, la donna di Cogne condannata per l'omicidio del figlioletto), varca le porte del carcere dove dovrà scontare quasi un anno prima di chiedere i domiciliari e accedere così all'unico beneficio previsto per le mamme con almeno un figlio sotto i dieci anni. E lei è mamma di quel bambino che oggi di anni ne ha cinque. “Le condanne si rispettano – il commento dell’avvocato Alfano – e si rispetta anche questa naturalmente. Mi auguro che la mia assistita possa uscire quanto prima e tornare dai figli, seguendo il percorso previsto per tutte le mamme che entrano in carcere”. Un commento è stato rilasciato anche dall’avvocato Roviello, parte civile: “Finalmente è stata messa la parola fine a questa vicenda che ha sconvolto, per lo scellerato volere di una, le vite di tante persone. Prima vittima è sicuramente il ragazzo abusato per così tanto tempo, ma con lui tutti i suoi cari. La sua vita, la vita di tutti loro è stata deviata e a certi danni non c’è rimedio. Ad ogni modo, la giustizia penale ha fatto il suo corso e, per quanto una sentenza di condanna non sia mai una vittoria, accogliamo con favore la sentenza pronunciata”.
Fece un figlio con un ragazzino di 14 anni, sentenza confermata in Cassazione: la donna va in carcere
La sentenza definitiva resa nota in serata. La donna, accusata di atti sessuali e di violenza sessuale per induzione su minore, ha deciso di presentarsi subito a Sollicciano, il carcere con una sezione femminile più vicino a casa. Il difensore: “Mi auguro che la mia assistita possa tornare quanto prima dai suoi figli”. L’avvocato di parte civile: “Sconvolta la vita del ragazzo e dei suoi cari”
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