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Esplosione deposito di Calenzano: ci sono nove indagati oltre alla società Eni. Tescaroli: “Errore grave e inescusabile”


Le ipotesi di reato della procura sono, a vario titolo, quelle di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni personali. Ci furono cinque morti, numerosi feriti e danni ingenti. Secondo le accuse le operazioni di carico di carburante si sarebbero dovute fermare vista la concomitanza dei lavori di manutenzione. Il procuratore: “Fermando le pompe, come si sarebbe dovuto fare quel giorno, dalle 9 alle 15, sarebbe andato perso un guadagno di circa 255mila euro”


Claudio Vannacci


“Evento prevedibile e evitabile, errore grave e inescusabile”. Sono le parole con le quali il procuratore di Prato, Luca Tescaroli, ha parlato del disastro allo stabilimento Eni a Calenzano che lo scorso 9 dicembre ha fatto cinque morti e ventisette feriti (danni a 16 autovetture, due autotreni, un’abitazione e diversi edifici) e per il quale oggi, mercoledì 19 marzo, sono finiti sul registro delle notizie di reato i nomi di nove indagati.
A cento giorni esatti dall’esplosione sentita e vista in un raggio di diversi chilometri tra Firenze e Prato, avvisi di garanzia sono stati notificati a sette tra dirigenti e responsabili di settore di Eni e, per quanto riguarda Sergen, l’azienda lucana specializzata nelle manutenzioni di impianti petroliferi, incaricata della realizzazione di una nuova linea di carburante, a due referenti tra i quali il tecnico rimasto gravemente ferito e uscito poche settimane fa dal Centro grandi ustioni di Pisa. Le accuse, a vario titolo, sono omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni personali colpose. Iscritta anche la società Eni per illeciti amministrativi. Nessuna misura cautelare: “Se avessimo chiesto provvedimenti ristrettivi – ha detto il procuratore – avremmo congelato l’inchiesta mentre io voglio chiudere in tempi rapidi”.
Secondo la superperizia che il procuratore ha affidato a otto esperti di esplosivistica, chimica, incendio, impiantistica strutturale e piani di sicurezza fuori e dentro i luoghi di lavoro, nello stabilimento Eni, alle 10.21 di quel 9 dicembre, l’inferno scoppiò perché erano in corso contemporaneamente due attività che non avrebbero dovuto coesistere: il rifornimento di carburante alle pensiline e l’intervento per convertire una vecchia linea di benzina senza piombo in linea di fornitura di olio vegetale idrotrattato. Un intervento, quest’ultimo, che generò una fuoriuscita di benzina che durò 33 secondi fino ad innescare, probabilmente attraverso il motore del carrello elevatore in uso ai tecnici di Sergen, la prima di quattro esplosioni avvenute in rapida sequenza e la seconda delle quali particolarmente potente.
“Dall’analisi della documentazione funzionale ad assicurare la sicurezza e dalle attività svolte da Sergen nel deposito di Calenzano – è stato spiegato – è emerso un errore grave: permettere, da parte di Eni, la presenza di fonti di innesco in un’area di lavoro considerata Zona 2 per il rischio esplosione anziché, come avrebbe dovuto essere, Zona 1”.
La convivenza tra le due diverse attività – gli autotrasportatori a fare rifornimento di carburante e i tecnici di Sergen a operare sulla linea dismessa – è stata tradotta anche in un fattore economico: fatti due conti, “a fermare le pompe, come si sarebbe dovuto fare quel giorno, dalle 9 alle 15, sarebbe andato perso un guadagno di circa 255mila euro”.
Le indagini, condotte da carabinieri, vigili del fuoco e Dipartimento della prevenzione della Asl, hanno ricostruito in “mesi di intenso, cauto, rigoroso lavoro” tutta la parte burocratica e progettuale relativa all’intervento commissionato a Sergen. Diverse le falle che sarebbero state individuate tra cui documentazione rinvenuta e sequestrata il 31 gennaio nel corso di una perquisizione ad uno degli indagati di Eni: “Documenti e appunti – è stato spiegato dal procuratore – che non avevano ragione di esistere a valle dell’incidente”. L’ipotesi che ha subito preso campo è quella di atti finalizzati a “spostare le responsabilità”, insomma un ostacolo alle indagini che però non è riuscito.
Ora si va verso l’incidente probatorio, esame irripetibile sui fatti del 9 dicembre e nel rispetto del contraddittorio. Il procuratore Tescaroli ha detto che il deposito di Calenzano resta sotto sequestro anche in ragione della necessità di interventi di messa in sicurezza che rendono indispensabili i sigilli.
Un’altra inchiesta impegna la procura di Prato dopo l’esplosione a Calenzano: quella sul danno ambientale. Ma è un’altra partita.

Gli indagati : Patrizia Boschetti, come datore di lavoro committente responsabile della struttura organizzativa e gestione operativa del centro Eni spa di Roma; Luigi Collurà dirigente con delega di funzioni sulla sicurezza del deposito Eni di Calenzano; Carlo Di Perna, responsabile manutenzioni e investimenti depositi Centro Eni spa; Marco Bini, preposto Eni richiedente il permesso di lavoro che ha classificato l’attività di Sergen; Elio Ferrara, preposto Eni che ha autorizzato il rinnovo del permesso di lavoro a Sergen per il 9 dicembre 2024; Emanuela Proietti responsabile del servizio prevenzione protezione (Rspp) di Eni; Enrico Cerbino, responsabile del progetto esterno per le Manutenzioni e investimenti depositi Centro (Eni); Francesco Cirone, datore di lavoro e Rspp dell’impresa esecutrice Sergen srl di Viggiano (Potenza); Luigi Murno, preposto della Sergen.
Le vittime : Vincenzo Martinelli, 51 anni, autotrasportatore residente a Prato; Carmelo Corso, 57 anni, autotrasportatore residente a Prato; Davide Baronti, 49 anni, autotrasportatore residente a Bientina (Pisa); Gerardo Pepe, 45 anni, della provincia di Potenza; Franco Cirelli, 50 anni, della provincia di Matera. ( nadia tarantino )  

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Redazione: Via del Biancospino, 29/b, 50010
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