Pena ridotta ma porte del carcere che si apriranno presto per Matteo Valdambrini, lo studente universitario di 27 anni, della provincia di Prato, finito agli arresti domiciliari a giugno del 2020 con l’accusa di essere a capo di una setta e di aver fatto credere agli adepti – tutti giovanissimi e alcuni addirittura minorenni all’epoca dei fatti – di essere il “diavolo” pretendendo rapporti sessuali. L’ultima parola sulal vicenda giudiziaria l’ha messa la Corte di Cassazione che, come anticipato oggi dal Tirreno, ha annullato senza rinvio una parte della condanna d’Appello relativa alle violenze sessuali, rideterminando la pena finale in 6 anni e 8 mesi (uno dei quali già scontato ai domiciliari), molto simile a quella di primo grado (6 anni), mentre in Appello Valdambrini, era stato condannato lo scorso giugno a 10 anni e 4 mesi.
A questo punto la condanna diventa definitiva e, quando sarà notificata, Valdambrini, che in questo momento è piede libero col divieto di avvicinamento alle parti lese, sarà portato in carcere.
Secondo le accuse il giovane aveva quattro seguaci: tre ragazzi, due dei quali fratelli, e una ragazza. Gli investigatori, sulla scorta delle denunce e dei successivi riscontri, ricostruirono il rapporto tra il presunto capo della setta e le vittime che si erano convinte di avere a che fare con il “diavolo” e di doversi piegare alle sue volontà. Una vicenda di presunti abusi e presunte violenze fisiche e psicologiche che sarebbe andata avanti per diverso tempo, fino alla prima denuncia.
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