Un detenuto marocchino di 32 anni si è suicidato in una cella del reparto di media sicurezza nel carcere della Dogaia a Prato. La scoperta è stata fatta nel pomeriggio di ieri, venerdì 14 febbraio. Inutili i soccorsi: quando i medici sono intervenuti, per l’uomo non c’era già più niente da fare. Il 32enne si è tolto la vita inalando il gas del fornellino che usava in cella. È il primo suicidio alla Dogaia dall’inizio dell’anno. È stata disposta l’autopsia per fare piena luce sull’accaduto mentre i rilievi sono stati affidati alla polizia scientifica.
Un altro suicidio, stavolta nel carcere di Sollicciano, è stato invece scoperto all’alba di oggi, sabato 15 febbraio. Vittima un 38enne albanese che si è impiccato nella propria cella. Anche in questo caso non c’è stata alcuna possibilità di intervento: quando è stato dato l’allarme il detenuto era già morto.
“In poche ore due suicidi – il commento di Giulio Riccio, Fp Cgil – due morti in due istituti di primissimo piano ed entrambi privi di un direttore effettivo. La situazione non accenna a migliorare, semmai il contrario. Assistere al degrado è inaccettabile. Non vorremmo fare anche quest’anno la triste conta delle vittime. È urgente un intervento che ristabilisca condizioni di lavoro e di vita umane e dignitose”.
Parole cui fanno eco quelle di Donato Nolè, coordinatore nazionale sempre della Fp Cgil polizia penitenziaria: “Ci chiediamo: cos’altro deve accadere per garantire stabilità a questi istituti? – dice -. Perché non viene nominato un direttore titolare? Perché gli istituti più complessi sono privi di dirigenti, funzionari, ispettori e sovrintendenti della polizia penitenziaria? Esprimiamo la nostra massima solidarietà al personale tutto, che nonostante il grave stato di abbandono continua a garantire servizi e sicurezza, spesso a discapito della propria salute e in condizioni di lavoro inaccettabili. Chiediamo un intervento immediato del ministero della Giustizia e del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria per porre fine a questa emergenza e restituire dignità al sistema carcerario toscano”.
Tra le reazioni politiche quella del segretario del Pd Prato Marco Biagioni: “Ennesima tragedia annunciata nel carcere di Prato – dice -. Una vita spezzata perché lo Stato ha fallito di fronte a un ragazzo che aveva tutta la vita davanti. Il dramma delle carceri italiane non può più essere ignorato. La Dogaia è priva di un direttore effettivo, mancano figure fondamentali come educatori e personale sanitario, le condizioni di vita dei detenuti sono inaccettabili, il personale della polizia penitenziaria è sottodimensionato. Senza polemiche, chiedo al governo come si possa pensare di aumentare i reati puniti con il carcere quando le nostre strutture non sono nemmeno in grado di gestire la situazione attuale. Una persona affidata allo Stato è morta. Non possiamo continuare a contare le vittime e non possiamo abituarci a questa nuova normalità. Servono interventi immediati per garantire condizioni di vita dignitose nelle carceri e un vero percorso di recupero per chi sta scontando una pena”.
Il detenuto suicida era uno studente della scuola aperta all’interno del carcere della Dogaia. Lo ricordano le comunità scolastiche del Cpia 1 di Prato, del Datini, del Dagomari e del Buzzi, insieme ai rispettivi dirigenti scolastici Teresa Bifulco, Francesca Zannoni, Claudia Del Pace e Alessandro Marinelli. “Questa perdita ci colpisce profondamente perché era un nostro studente, un giovane che aveva scelto di intraprendere un percorso di istruzione nonostante le difficoltà – dicono -. La scuola in carcere rappresenta un’opportunità di crescita, riscatto e reinserimento sociale, ma da sola non basta: serve un sistema di sostegno più forte e condizioni di vita dignitose per chi è detenuto. La tragica realtà delle carceri italiane ci impone una riflessione urgente. Il crescente numero di suicidi in carcere è un segnale drammatico che non può essere ignorato”.
“Come scuole carcerarie – proseguono i quattro dirigenti scolastici -, ribadiamo il nostro impegno per offrire ai detenuti un’istruzione di qualità, un’opportunità di crescita e di cambiamento. Ma è necessario un investimento più ampio in politiche educative, sociali e di supporto psicologico per prevenire il senso di abbandono e disperazione che porta a tragedie come questa. Il carcere non può essere solo un luogo di pena, ma deve diventare un luogo di speranza e di seconde possibilità”.
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