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Costretti a lavorare senza contratto fino a 16 ore al giorno: in manette imprenditore


Applicata per la prima volta a Prato la norma che punisce lo sfruttamento del lavoro. Per tre mesi carabinieri e Asl hanno documentato l'attività nella ditta di confezione dove nessun operaio era in regola


Redazione


Turni di lavoro massacranti sette giorni su sette. Tra le tredici e le sedici ore in fabbrica con tre pause di dieci minuti giusto per mangiare qualcosa al volo. Uno stanzone stipato di macchine per cucire, abbigliamento da confezionare e avanzi di lavorazione: poco, pochissimo spazio per gli operai che, finito il turno, si spostavano in un appartamento di nemmeno 100 metri quadrati nel quale erano stati ricavati quindici posti letto. Il titolare dell'azienda, una confezione in via Sabotino, è stato arrestato oggi, martedì 22 gennaio. Miao Kedan, 39 anni, è il primo imprenditore a Prato a finire in carcere con l'accusa di sfruttamento del lavoro per avere approfittato dello stato di bisogno dei suoi operai. Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Prato Francesca Scarlatti ha accolto la richiesta di custodia cautelare avanzata dal sostituto procuratore Lorenzo Gestri al termine di due mesi di indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo. Per la compagna e collaboratrice dell'imprenditore, una connazionale di 38 anni chiamata a rispondere della stessa accusa, è stato disposto il divieto di dimora a Prato. La coppia è inoltre accusata di aver minacciato una connazionale che abita vicino alla confezione per aver dato informazioni ai carabinieri su quanto avveniva nell'azienda.

I carabinieri sono arrivati in via Sabotino dopo la segnalazione della Asl che, in seguito ad un normale controllo, aveva riscontrato condizioni particolarmente critiche nella confezione attiva dal 2013, con un solo dipendente (la compagna del titolare) e con dichiarazioni dei redditi pari o molto vicine allo zero. Le telecamere nascoste installate all'interno del capannone hanno fatto emergere lo sfruttamento operato dall'imprenditore: i carabinieri hanno contato più di venti operai, tutti cinesi, tutti clandestini, tutti sottoposti a lunghissimi turni di lavoro praticamente senza interruzione e senza le minime condizioni di sicurezza e di igiene. L'appostamento dei militari ha poi consentito di ricostruire il poco tempo libero dei lavoratori: solo qualche ora per dormire in un'abitazione poco distante, la stessa del titolare, della compagna e del loro figlioletto di nemmeno un anno. Il bambino, durante il giorno, stava con i genitori nel capannone . Le immagini hanno fornito un quadro sufficiente a contestare l'articolo 603 bis del codice penale, ovvero lo sfruttamento del lavoro. Gli investigatori hanno messo insieme gli indici necessari a formulare l'ipotesi di reato che prevede una pena tra 5 e 8 anni di reclusione: lo stato di bisogno del lavoratore rappresentato dalla clandestinità, l'orario di lavoro, l'assenza di riposo, l'assenza delle condizioni di sicurezza.
“Le indagini hanno restituito una foto altamente significativa – il commento del procuratore Giuseppe Nicolosi – temo che non si tratti di un caso limite: l'esperienza maturata fino ad ora ci consente di individuare come altamente probabile un consistente numero di aziende con lavoratori in queste condizioni”.

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è una testata registrata presso il Tribunale di Prato
(N° 4 del 14/02/2009)
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Direttore responsabile: Claudio Vannacci

Editore: Toscana Tv srl

Redazione: Via del Biancospino, 29/b, 50010
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