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Cameriera sfregiata, le motivazioni per la condanna dell’ex fidanzato: “Personalità che ha familiarità con la violenza fisica”


Per il giudice che ha inflitto nove anni di reclusione all'uomo e pene pesanti ai complici la cicatrice lasciata sul volto di Martina provoca un effetto negativo permanente


Nadia Tarantino


Ridotta a “penose condizioni di vita”: maltrattata, pesantemente insultata, schiaffeggiata, lanciata dalle scale, controllata, spiata. E da ultimo fatta bersaglio di un’aggressione brutale che le ha lasciato il viso ‘marchiato’ con una cicatrice che “non può che comportare un effetto sgradevole in chi guarda, in quanto impatta negativamente su un volto che era perfetto e viene sfigurato in una zona anatomica massimamente centrale e importante per le persone, tra gli occhi e la bocca”. Scrive così il giudice delle udienze preliminari del tribunale di Prato, Marco Malerba, a proposito dell’aggressione a Martina Mucci, la cameriera di 30 anni vittima del pestaggio ordinato dall’ex fidanzato e collega, Emiliano Laurini, buttafuori di 42 anni, condannato in abbreviato a 9 di reclusione (avvocato Bellezza) e ora ai domiciliari. Trentanove le pagine che motivano la sentenza e tratteggiano il profilo di “una personalità (quella di Laurini ndr) che ha totale familiarità con la violenza fisica, l’aggressione verbale e la denigrazione del prossimo”. Sotto la lente di ingrandimento anche i profili degli altri due imputati: il ventenne Kevin Mingoia, esecutore materiale dell’aggressione, condannato a 6 anni e 8 mesi (avvocati Antonio Bertei e Alessandra Mattei), e Mattia Schininà, 22 anni, anello di congiunzione tra il mandante e il ‘picchiatore’, condannato a 4 anni (avvocato Savarese); entrambi giudicati con il rito abbreviato, sono stati rimessi in libertà.
Martina Mucci fu aggredita la notte del 21 febbraio 2023, al ritorno dal lavoro, nell’androne del palazzo in cui vive. Due le persone che entrarono in azione per una ricompensa di 800 euro: con Mingoia c’era un altro giovane, all’epoca minorenne. “Due uomini incappucciati – raccontò alla polizia la cameriera – vestiti completamente di scuro, con indosso il passamontagna, alti circa 1 metro e 75, robusti”. Un pestaggio violentissimo: “Mi hanno spinto a terra facendomi cadere di faccia sui gradini – le parole della vittima, costituita parte civile e assistita dagli avvocati Malerba e Febbo – mi hanno tirato tanti cazzotti sulla testa, tanti pugni sulla bocca che mi hanno rotto tutti i denti davanti, mi hanno colpita al naso, traforato la parte sinistra della testa come se volessero tagliare i capelli ma di fatto mi hanno ferito la cute”. Solo la luce del pianerottolo accesa da un vicino mise in fuga gli aggressori e salvò Martina Mucci. Quaranta i giorni di prognosi. Il referto: “Frattura delle ossa nasali, esiti cicatriziali multipli, ematoma al labbro superiore, ferita da taglio della cute sul naso e del cuoio capelluto, ematomi e tumefazioni varie, fratture dentali”.
La relazione con Laurini era chiusa da qualche settimana quando la donna venne aggredita e sfregiata. Disse di non avere nemici, di non aver discusso con nessuno fatta eccezione dell’ex fidanzato, che era anche un collega di lavoro, che più di una volta l’aveva minacciata: “Ti rovino la vita e il volto”. Il volto, la parte di sé, soprattutto bocca, denti e capelli, a cui Martina ha sempre dedicato tanta cura.
Le intercettazioni ricostruirono la vicenda per filo e per segno. Solo sul movente non c’è certezza: “Forse gelosia, forse vendetta e risentimento nei confronti della donna per l’interruzione, non accettata, del rapporto. La vicenda è da inserire in un preciso contesto socioculturale di riferimento che fa da sfondo a tutto – si legge nelle 39 pagine del gup – in cui l’espressione della propria personalità avviene mediante l’ostentazione sfacciata della violenza sia fisica che verbale, e in cui i concetti come onore, rispetto, porgere le scuse sono trasfigurati in un’ottica di costanze affermazione di sé attraverso la prepotenza, la minaccia e l’uso della violenza, avendo come unico scopo quello di prevaricare il prossimo, piegarlo ai propri fini e umiliarlo”. E diversi sono i passaggi che parlano della violenza di Laurini. Ne è vittima anche un’altra donna che a un certo punto finisce all’ospedale: “Ieri sera l’ho scassata perbene, ieri sera ho dato il massimo, oddio il massimo no, però ho dato abbastanza, capelli strappati, unghie, mi verrebbe voglia di spaccare i denti anche a lei”, le sue parole intercettate mentre in macchina parla da solo. Ai medici, la donna racconterà di essere caduta.
Oltre a dettagliare i tentativi degli imputati di alleggerire i rispettivi carichi di responsabilità e a spiegare gli elementi che hanno determinato la sentenza di condanna, il giudice si sofferma a lungo sullo sfregio a Martina Mucci: “L’effetto che la cicatrice produce è di obiettiva sgradevolezza secondo un osservatore comune, di gusto normale e di media sensibilità. L’esito cicatriziale è centrale, in pieno volto, tra occhio sinistro e naso, lungo ben 4 centimetri, visibile non solo a distanza sociale di un metro, un metro e 20, ma anche da qualche metro. Il fatto che la cicatrice non potrà essere occultata in nessun modo naturale e pratico, comporta che Mucci, per il resto della propria vita, quando si interfaccerà con terzi – un amico, un collega, il datore di lavoro, uno sconosciuto, un possibile ragazzo al primo appuntamento, il futuro compagno, un possibile figlio – soprattutto nelle relazioni sociali più intime dove la distanza cosiddetta sociale è azzerata, ogni qualvolta l’interlocutore la guarderà negli occhi e le parlerà, sarà posta nella condizione per cui l’altro vedrà immediatamente e immancabilmente la cicatrice che arriva all’interlocutore insieme a profili essenziali del volto di una persona: il sorriso, gli occhi, il naso. Qualunque osservatore medio, posto di fronte al volto della donna, viene colpito all’unisono dalla triade di elementi tra cui vi spicca la cicatrice che, pure senza procurare disgusto o ilarità o ripugnanza, produce invece l’effetto di sgradevolezza”. (nt)

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è una testata registrata presso il Tribunale di Prato
(N° 4 del 14/02/2009)
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Direttore responsabile: Claudio Vannacci

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Redazione: Via del Biancospino, 29/b, 50010
Capalle/Campi Bisenzio (FI)

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