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Alluvione 2023, raffica di indagati dalla procura: tra loro anche l’ex sindaco di Prato Biffoni e quello di Montemurlo Calamai


L'indagine riguarda la morte di due delle vittime: l'anziano travolto in auto dalla piena della Bardena e quello morto nella sua casa per l'esondazione del Bagnolo. Indagati anche assessori, dirigenti e funzionari dei Comuni, del Genio civile, di Autostrade e del Consorzio di bonifica Medio Valdarno


Claudio Vannacci


Ci sono gli indagati per l’alluvione del 2 novembre 2023. A poco più di un anno da quello che è stato per l’area pratese il disastro più grande, la procura ha chiuso le indagini e notificato l’avviso a quindici indagati tra gli allora amministratori e tecnici. A dare la notizia è stato oggi, martedì 4 febbraio, il procuratore di Prato, Luca Tescaroli.
Omicidio colposo e disastro colposo le ipotesi di reato contestate a vario titolo a Matteo Biffoni e a Simone Faggi in qualità di sindaco e di vicesindaco e assessore alla Protezione civile, e a Valerio Barberis, assessore all’Urbanistica del Comune di Prato; Simone Calamai, e Valentina Vespi, rispettivamente sindaco e assessore alla Protezione civile del Comune di Montemurlo.
Stessi reati contestati a Pamela Bracciotti e a Sergio Brachi, rispettivamente dirigente e capo della Protezione civile del Comune di Prato, e ai loro omologhi a Montemurlo, Sara Tintori e Stefano Grossi, ad Alessandra Casali, dipendente del Comune di Montemurlo, a Fabio Martelli, responsabile di settore del Genio civile Valdarno centrale, a Giuseppe D’Elia e Luca Della Longa, direttori del quarto tronco Autostrade per l’Italia. Nell’elenco anche Iacopo Manetti e Nicola Giusti, nella loro qualità di dirigente e dipendente del Consorzio di Bonifica 3 Medio Valdarno: uno accusato di omicidio colposo e disastro colposo ed entrambi di falso ideologico in atto pubblico: avrebbero certificato – secondo la procura – la presenza di un muro di trenta metri lungo l’argine a Bagnolo all’indomani dell’alluvione, muro che però non ci sarebbe stato.
Un’inchiesta lunga, complessa e di forte stampo tecnico: quattro i consulenti dei quali la procura si è avvalsa per ricostruire il dettaglio non soltanto di quelle terribili ore ma anche degli anni prima e delle settimane successive per capire se si poteva evitare o contenere quello che è successo a cominciare dalla morte di Antonio Tumulo, l’anziano sorpreso e travolto dall’onda di piena della Bardena mentre era in macchina, e di Alfio Ciolini, l’anziano annegato nel salotto di casa a Montemurlo a causa dell’esondazione del torrente Bagnolo. Si salvarono per miracolo, invece, due persone: un cinese di 53 anni che viaggiava in autostrada e che nei pressi del casello Prato est precipitò nel fiume Bisenzio, e un italiano rimasto intrappolato nella sua auto e salvato da un cittadino honduregno che con una corda lo soccorse rischiando la propria vita.
Morti e milioni di danni: il territorio pratese finito sott’acqua, completamente risucchiato dal fango, messo in ginocchio da fiumi e torrenti in piena esplosi come bombe. Un territorio – secondo la procura – messo in ginocchio dalla inefficacia, in relazione a quell’evento, dei piani di previsione, intervento e protezione civile varati dai tecnici e adottati dagli amministratori nonostante un precedente nei 30 anni indietro, l’esondazione del torrente Bardena nel 1992. Nulla di paragonabile ma il segnale chiaro della particolare fragilità del suolo e della necessità di rafforzarne la mitigazione e dunque la difesa.
Il lavoro della procura ha acceso i riflettori sul tema delle prevenzione e su quello delle misure che dovevano essere adottate nelle ore di pioggia furiosa: tutto quello che non ha funzionato in base ai programmi di intervento a disposizione e tutto quello che si poteva fare come, ad esempio, le ordinanze urgenti per limitare la viabilità in una zona particolarmente critica come via Cantagallo. Secondo l’inchiesta, nonostante fosse noto il rischio idraulico di alcuni corsi d’acqua, non sarebbero stati fatti interventi particolarmente significativi in termini di sistemazione; tra i riferimenti, c’è Figline dove sarebbero mancati interventi per evitare l’inondazione dell’abitato e, sul versante montemurlese, si fa riferimento – per citare i due casi più eclatanti – al torrente Stregale e al Bagnolo. Ma si parla anche delle Fornaci di Figline, della Bardena, di San’Ippolito. I magistrati si sono convinti che se fossero state adottate le iniziative necessarie, si sarebbe impedito l’enorme danno che si è invece verificato e che forse almeno un morto si sarebbe evitato. Insomma, non sarebbe stato fatto abbastanza né prima e né durante l’alluvione.
A Matteo Biffoni viene contestata la mancata chiusura del tratto autostradale, anche quello privo di misure efficaci per la mitigazione, e ai due direttori del quarto tronco anche di non aver monitorato, attraverso il sito internet del Centro funzionale della Regione Toscana, i livelli idrometrici del Bisenzio.
Gli indagati hanno venti giorni di tempo per presentare memorie o chiedere di essere ascoltati dai titolari dell’inchiesta, i sostituti Valentina Cosci e Alessia La Placa. Poi la procura deciderà sulle richieste di rinvio a giudizio. (nadia tarantino)

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