Condannato a 10 anni dal tribunale di Firenze, messo in ‘stand by’ dalla corte d’Appello e, infine, condannato a 11 mesi dal tribunale di Prato. E’ la parabola giudiziaria di un 49enne finito nei guai nel 2020 nell’ambito dell’inchiesta ‘Car sharing’ che portò al sequestro di una ventina di chili tra cocaina, hashish e marijuana e all’arresto di diverse persone che avevano già regolato i loro conti con la giustizia attraverso il rito abbreviato, con condanne comprese tra i 4 e i 6 anni di carcere. Il 49enne, difeso dall’avvocato Stefano Camerini, non ne ha voluto sapere di riti alternativi e ha puntato invece sulla competenza territoriale che, alla fine di tre processi, lo ha ‘salvato’. Un finale possibile grazie al fatto che il nascondiglio della droga era stato scoperto a Prato. Ripercorriamo la vicenda. La Dda di Firenze ordina l’arresto di sette persone per associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga tra Olanda e Toscana. In manette finisce anche l’assistito di Camerini: quasi due anni di domiciliari. In primo grado, il tribunale di Firenze lo condanna a 10 anni. L’avvocato fa appello e il secondo grado non solo annulla la precedente sentenza ma sposta il processo a Prato perché è qui che la droga veniva tenuta nascosta. L’imputato viene scarcerato in attesa del nuovo giudizio. Il tribunale di piazzale Falcone e Borsellino è arrivato ai titoli di coda e tutta la storia si è chiusa con una condanna a 11 mesi. L’uomo, per reati inerenti la detenzione e lo spaccio, in un altro procedimento, era stato condanna a 5 anni di carcere (sentenza divenuta irrevocabile).
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