Finì sul registro delle notizie di reato nel 2019 con l’accusa di essere stata un anello della catena costruita da altri per sfornare fatture false al solo scopo di evadere le tasse. Un’accusa che ieri, martedì 25 febbraio, a sei anni dall’inizio dell’inchiesta della procura di Prato, è caduta definitivamente: l’imputata, una imprenditrice cinese di 55 anni, infatti, è stata assolta con formula piena dopo che il suo avvocato, Paolo Tresca, ha dimostrato al tribunale la totale estraneità alle contestazioni. La sentenza è stata pronunciata dal giudice delle udienze preliminari, Tesi, al termine del processo con rito abbreviato nel quale ha pesato tantissimo, fino ad essere determinante, l’indagine difensiva. La donna, titolare di un’azienda del settore tessile, finì nella rete della guardia di finanza quando presentò la dichiarazione per le imposte del 2018 producendo una serie di fatture frutto di un rapporto commerciale con un’azienda che – scoprirono gli inquirenti – era solo un paravento. L’imprenditrice fu subito accusata di far parte di un sistema fittizio, la cosiddetta ‘cartiera’, e di aver prodotto una maxievasione: più di 35mila euro di Iva e quasi 71mila di Irpef. Un’accusa totalmente smontata dall’avvocato Tresca che ha convinto il giudice (e anche il pubblico ministero che ha chiuso la requisitoria con la richiesta di assoluzione sì ma per insufficienza di prove) che la sua assistita né era a conoscenza né poteva assumere consapevolezza del suo ruolo di ‘cartiera’ non avendo possibilità di accedere allo stato, ai bilanci, ai carteggi, ai documenti dell’azienda con cui era in rapporti commerciali e perché non c’erano elementi che potessero far sorgere sospetti. Tutto regolare ma solo apparentemente, ma oltre l’apparenza – è il ragionamento sostenuto in sede processuale – l’imputata non aveva possibilità né motivo per andare dal momento che, a fronte del rapporto commerciale, venivano rilasciati documenti di trasporto, fatture, pagamenti. Insomma, nessuna volontà di aggirare le regole per trarne un vantaggio.
Tante le inchieste, nel corso degli anni, che hanno riguardato ‘società cartiere’ disvelando intrecci illegali, con radici spesso affondate anche all’estero, finalizzati a fare profitto senza passare dalla casella del fisco. Inchieste lunghe e complesse, molti processi ancora in corso e spesso rimasti impigliati nei meandri dei tecnicismi e della burocrazia. Non è stato così per l’imprenditrice che ieri è arrivata al traguardo della sua vicenda giudiziaria con l’assoluzione con la formula “il fatto non costituisce reato”. (nt)
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