Una montagna di finanziamenti pubblici ottenuti attraverso domande di accesso al microcredito per l’avvio di nuove attività imprenditoriali. Una formidabile spinta all’incremento di affari e posti di lavoro, ma solo sulla carta perché quelle 58 domande che hanno generato oltre un milione di euro di contributi regionali erano finte, costruite a tavolino solo per fare cassa. A scoprire la frode è stato il Gruppo tutela spesa pubblica della guardia di finanza nel cui mirino è finita una società di consulenza attiva nell’area Firenze-Prato-Pistoia. Un’inchiesta complessa con un doppio risvolto: quello penale e quello amministrativo con la Corte dei Conti della Toscana che si è messa in moto per recuperare il contributo ottenuto dai clienti della società. Nei giorni scorsi, una ‘falsa aspirante imprenditrice’, residente a Prato, è stata condannata dai giudici contabili a restituire quanto percepito dalla Regione Toscana nell’ambito del ‘Bando creazione impresa 2014-2020’: 19.600 euro oltre agli interessi maturati dal giorno dell’erogazione, avvenuta nel 2019. Quel denaro, infatti, non è mai stato speso per aprire il ‘locale di cocktail a tema’: non solo la rendicontazione obbligatoria non è mai stata presentata agli uffici della Regione, non solo nessuno mai si è presentato a sottoscrivere i piani di ammortamento, ma i finanzieri hanno scoperto che per questa attività come per le altre 57 ammesse a contribuito tramite la società di consulenza, i contratti di affitto esibiti a riprova della volontà di avviare il percorso imprenditoriale, erano “palesemente contraffatti, recando firme false e controparti inesistenti, così come dai sopralluoghi effettuati la quasi totalità dei luoghi d’esercizio risultava in disuso o semplicemente inesistente”.
Per la Regione Toscana un danno ingente, per la società di consulenza un ottimo giro d’affari perché per ogni contributo concesso il cliente di turno, come hanno ricostruito i finanzieri nel corso delle indagini, lasciava il 10 per cento. Una truffa bella e buona, insomma, con un rilevante risvolto penale per ciascuno dei supposto imprenditori e per la società, nella cui sede furono sequestrate anche più di 120 ‘Carte nazionale dei servizi’ (smart card con informazioni fiscali per l’accesso ai servizi pubblici) intestate ad altrettanti clienti.
“Domanda di finanziamento – si legge nella sentenza della Corte dei Conti – per una iniziativa imprenditoriale che la donna non aveva alcuna seria intenzione ad avviare, al solo fine di percepire indebitamente l’importo dell’anticipo nelal misura massima prevista dal bando, aggravata dalla circostanza che la domanda si inseriva in uno schema fraudolento più ampio, riconducibile ad un’unica società intermediaria”. (nt)
Truffa da più di un milione di euro alla Regione: scoperta società che presentava (e otteneva) richieste di finanziamento per attività mai aperte
Indagine del Gruppo tutela spesa pubblica della guardia di finanza. Nel mirino 58 accessi al 'Bando creazione impresa': nella documentazione anche contratti di affitti con firme false per fondi spesso inesistenti. Prime sentenze della Corte dei Conti
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