Uno spazio rimasto fino a poche settimane fa abbandonato tra cumuli di rifiuti e sporcizia che torna a vivere grazie all’impegno dei tanti volontari che lo presidiano. Questo fine settimana, in via Toscana, in molti hanno deciso di esserci per ricordare le vittime della strage del Teresa Moda. Intorno alle fabbriche che non si fermano mai, la mostra del fotografo Stefano Morelli è un monito. Sono immagini strazianti, nitide, che raccontano questa parte di distretto con straordinario realismo. Morelli, che in quei giorni del 2013 ha lavorato sul posto, ha catturato i volti dei familiari, la loro disperazione e le mobilitazioni dei familiari delle vittime che ricrearono con alcuni cartoni dei loculi, gli stessi nei quali dormivano i loro parenti. Il fotografo Andrea Abati, allievo di Luigi Ghirri, ha poi svolto un laboratorio per ripensare i Macrolotti attraverso l’arte. L’iniziativa rientra nelle tante organizzate dal sindacato di base Sudd Cobas per gli operai del distretto, per chi lotta per i propri diritti e per chi non c’è più, continuando un presidio costante attorno alla targa apposta proprio in via Toscana lo scorso 1 maggio. La strage nel Teresa Moda resta uno dei capitolo più bui della città di Prato. Le famiglie, arrivate dalla Cina, manifestarono inascoltate al Consolato cinese di Firenze e occuparono un pronto moda i cui titolari erano connessi ai padroni del Teresa Moda, per chiedere giustizia e gli stipendi non pagati per poter sostenere i costi dei funerali. Questo presidio, che in pochissimi raccontarono e sostennero, fu alla fine sgomberato dalla polizia ma resta immortalato in questi scatti. La mostra “Fuori fuoco. Volti e voci da Teresa Moda” rappresenta la voglia di riscatto di operaie e operai cinesi che hanno tentato una ribellione ma che sono stati lasciati soli.



Le sette persone, uccise dalle fiamme dell’incendio divampato nella fabbrica, lì ci vivevano, dormivano. Impossibilitate ad uscire perchè le porte erano chiuse dal proprietario con sbarre alle finestre, le stesse che gli impedirono di mettersi in salvo. “Questa è una tragedia che ne nasconde altre al suo interno -spiegano dal sindacato- La tragedia delle loro famiglie, costrette a lottare per vedere riconosciuto uno dei diritti più basilari della società: il rispetto per le persone care che non ci sono più. La tragedia della giustizia assente, incapace di condannare in via definitiva i proprietari dei capannoni, inizialmente ritenuti responsabili per la morte di queste persone, di cui conoscevano perfettamente le condizioni di lavoro e di vita su cui hanno macinato miliardi grazie agli affitti. La tragedia che si consuma ogni giorno nelle fabbriche pratesi, in cui migliaia di persone lavorano 12 ore al giorno, 7 giorni su 7. Persone vive, a cui però viene impedito di vivere- conclude il sindacato- Oggi si sprecano i “Perché i cinesi non si ribellano? Questa città ha bisogno di capire da che parte stare”. Ma in tanti, nei palazzi istituzionali, dovrebbero chiedersi: “Cosa abbiamo fatto quando si sono ribellati?”. Intanto i Sudd Cobas annunciano che le azioni per preservare il memoriale andranno avanti in maniera autonoma in attesa di una trattativa con la proprietà.
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