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Smaltimento illecito rifiuti e immigrazione clandestina, le mani della camorra nel distretto illegale pratese: dieci arresti


Inchiesta della Dda di Firenze che per tre anni ha coordinato il lavoro della guardia di finanza su un gruppo di campani impiantato in Toscana nell'ambito del programma di protezione dei collaboratori di giustizia. In realtà il periodo trascorso tra Prato e Firenze è servito per organizzare le attività illecite adeguandosi alle esigenze del territorio


Nadia Tarantino


Hanno provato a replicare tra Firenze e Prato il sistema criminale già collaudato a Ponticelli, nel napoletano, e lo hanno fatto sfruttando il radicamento sul territorio dato da anni e anni di permanenza sotto protezione nella loro veste di collaboratori di giustizia. Cinque uomini sono finiti in carcere, altrettanti ai domiciliari, due – entrambi imprenditori – sono stati interdetti dalla loro attività: tutti campani, in larga parte parenti tra loro, pregiudicati e inseriti nel camorristico Sarno. E’ il bilancio dell’inchiesta portata a termine dalla Dda di Firenze che per tre anni ha coordinato il lavoro della guardia di finanza.
“Investigando sul soggetto ritenuto attuale capo del clan e sugli altri componenti della famiglia – ancora la procura – è emerso che la collaborazione con la giustizia non ha avuto quale effetto il naturale e definitivo discioglimento dell’organizzazione, ma è stata utilizzata per poter ricostituire in una nuova area geografica alcune delle pre-esistenti dinamiche tipiche delle associazioni camorristiche”.
Il sistema camorristico, dunque, importato in Toscana. Persone interessate a mettere le mani nell’economia fiorentina e pratese attraverso un ventaglio di servizi studiato ad hoc per il contesto, al punto di far gola tanto agli imprenditori italiani quanto a quelli cinesi.
Diversi i campi di azione: dallo smaltimento dei rifiuti tessili alla manodopera clandestina per le aziende cinesi, dalle frodi fiscali con il sistema delle ditte ‘apri e chiudi’ alla produzione massiva di fatture per operazioni inesistenti, dalla triangolazione di denaro Italia-Cina-Italia finalizzata al riciclaggio, dalle estorsioni alle minacce. Nel tempo il gruppo ha accumulato ricchezza: l’inchiesta si è tradotta anche nel sequestro preventivo, con il fine della confisca, di tre appartamenti a Prato, auto di lusso e depositi bancari per un ammontare di un milione di euro.
Associazione a delinquere finalizzata a reati fiscali e all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, autoriciclaggio aggravato dalla finalità di agevolare una frangia camorristica, estorsione aggravata dal metodo mafioso, violazioni in materia di immigrazione clandestina e reati fiscali: queste le accuse contestate a vario titolo agli indagati, rintracciati tra Prato, Firenze, Napoli, Viterbo e La Spezia.
Un gruppo organizzato, capace di imbastire operatività in vari ambiti per insinuarsi nel contesto socio-economico toscano. Qualcuno è rimasto un tentativo, altro è invece andato in porto. In particolare – come spiega il procuratore di Firenze, Filippo Spiezia – “i Sarno si sono accreditati come interlocutori e intermediari d imprenditori alla ricerca di fatture false per evadere le imposte e monetizzare i proventi illeciti, e di soggetti cinesi alla ricerca di manodopera clandestina, di origine pakistana, da impiegare nel comparto tessile di Prato”. Solo il controllo della polizia croata, per citare un episodio, mandò a monte la prima importazione di operai clandestini, caricati su un furgone in Slovenia con destinazione le fabbriche cinesi del distretto pratese.
“Centrali, nell’indagine e nel disegno criminale – ancora la procura – sono risultati gli uffici di un noleggio auto con sede a Prato, individuati quale crocevia dell’ideazione, organizzazione ed esecuzione delle attività delittuose man mano perpetrate dagli indagati”.

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(N° 4 del 14/02/2009)
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