“I temi che noi portiamo avanti in questa campagna sul referendum rientrano in pieno nei diritti sanciti dalla Costituzione: difendiamo il lavoro, remunerato adeguatamente, sicuro, nel quale viene garantita la salute. La nostra è quindi una battaglia che sta dentro gli articoli della Costituzione. Andare a votare significa difendere la democrazia e il diritto di voto, e fa specie che ci siano persone elette a livello provinciale, regionale e nazionale che invitino la cittadinanza a non andare a votare. Questo è deplorevole perché si incitano le persone a non esercitare un diritto costituzionale”. Anche il segretario generale dello Spi Cgil Prato e Pistoia, Luciano Lacaria interviene in vista del voto sul referendum dell’8 e 9 giugno. Lo fa invitando tutta la cittadinanza pratese e pistoiese ad andare a votare. “Si vota per migliorare il tenore di vita delle persone – aggiunge -. Perché il lavoro deve essere dignitoso e le persone non possono essere ricattate. Andare a votare è necessario e dal nostro punto di vista si vanno a votare cinque sì”.
Ma cosa sono chiamati a votare gli elettori? I quesiti sono riassumibili in: stop ai licenziamenti illegittimi, più tutele per i lavoratori delle piccole imprese, riduzione del lavoro precario, più sicurezza sul lavoro e più integrazione grazie all’ottenimento della cittadinanza italiana.
Lacaria nel suo intervento si sofferma anche sul quinto quesito, quello sulla cittadinanza. “Sul quinto punto abbiamo una posizione netta – dice -. Mi vergogno di essere cittadino italiano quando sento che una persona che ha studiato, lavora, rispetta i requisiti, paga le tasse e non ha processi penali in corso, deve aspettare dieci anni e più per la cittadinanza. A me sembra deplorevole avere una legge che imponga cavilli e laccioli per impedire la cittadinanza. Ho nipoti giovani che vanno a scuola assieme a ragazzi provenienti da altre nazioni: credo che il non rilasciare la cittadinanza italiana a questi studenti gli precluda alcune strade e possibilità. Eppure loro sono a tutti gli effetti cittadini italiani: sono figli di persone che da anni vivono in Italia e che per ragioni burocratiche o di una legge ingiusta non possono ottenere la cittadinanza. Dal nostro punto di vista, quindi, siamo di fronte a un argomento che vuole garantire un diritto anche a queste persone. Alla luce di tutto ciò ribadiamo: andare a votare domenica e lunedì è fondamentale”. Infine un ringraziamento. “Devo dire grazie a tutti i compagni, compagne, iscritti e attivisti che in queste settimane hanno girato tutti circoli, i mercati e gli angoli del territorio, anche con il camper, per diffondere le ragioni del sì – conclude -. A loro dico grazie di cuore. Ora manca solo lo sprint finale”.

In vista del voto ecco un focus da parte della Cgil sui cinque quesiti referendari.
Primo quesito: “Nelle imprese con più di 15 dipendenti, le lavoratrici e i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi non possono rientrare nel loro posto di lavoro dopo un licenziamento illegittimo – spiegano dalla Cgil -. Sono oltre 3 milioni e 500mila ad oggi e aumenteranno nei prossimi anni le lavoratrici e i lavoratori penalizzati da una legge che impedisce il reintegro anche nel caso in cui la/il giudice dichiari ingiusta e infondata l’interruzione del rapporto. Abroghiamo questa norma, diamo uno stop ai licenziamenti privi di giusta causa o giustificato motivo”.
Secondo quesito: “Nelle imprese con meno di 16 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo oggi una lavoratrice o un lavoratore può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento, anche qualora una/un giudice reputi infondata l’interruzione del rapporto – spiegano dalla Cgil -. Questa è una condizione che tiene le/i dipendenti delle piccole imprese (circa 3 milioni e 700mila) in uno stato di forte soggezione rispetto alla/al titolare. Abroghiamo questo limite, aumentiamo l’indennizzo sulla base della capacità economica dell’azienda, dei carichi familiari e dell’età della lavoratrice e del lavoratore”.
Terzo quesito: “In Italia circa 2 milioni e 300 mila persone hanno contratti di lavoro a tempo determinato – spiegano dalla Cgil -. I rapporti a termine possono oggi essere instaurati fino a 12 mesi senza alcuna ragione oggettiva che giustifichi il lavoro temporaneo. Rendiamo il lavoro più stabile. Ripristiniamo l’obbligo di causali per il ricorso ai contratti a tempo determinato”.
Quarto quesito: “Arrivano fino a 500mila, in Italia, le denunce annuali di infortunio sul lavoro – spiegano dalla Cgil -. Quasi 1000 i morti. Modifichiamo le norme attuali, che impediscono in caso di infortunio negli appalti di estendere la responsabilità all’impresa appaltante. Cambiamo le leggi che favoriscono il ricorso ad appaltatori privi di solidità finanziaria, spesso non in regola con le norme antinfortunistiche. Abrogare le norme in essere ed estendere la responsabilità dell’imprenditore committente significa garantire maggiore sicurezza sul lavoro”.
Quinto quesito: “Riduciamo da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia richiesti per poter fare domanda di cittadinanza italiana, che una volta ottenuta sarebbe trasmessa ai figli e alle figlie minorenni – spiegano dalla Cgil -. Questa modifica costituisce una conquista decisiva per circa 2 milioni e 500mila cittadine e cittadini di origine straniera che nel nostro Paese nascono, crescono, abitano, studiano e lavorano. Allineiamo l’Italia ai maggiori Paesi Europei, che hanno già compreso come promuovere diritti, tutele e opportunità garantisca ricchezza e crescita per l’intero Paese”.
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