L’inchiesta sulle ‘buone entrate’, quella pratica tutta pratese – o molto pratese – che consiste nel pagamento di una bella somma di denaro a nero al proprietario del capannone prima della firma del contratto di affitto, dice due cose. La prima, per la verità, è una sottolineatura: l’autonomia contrattuale, prevista dal Codice civile, sulla libertà delle parti – in questo caso proprietario e futuro locatario – di regolare come meglio ritengono i propri interessi purché non si travalichino i limiti imposti dalla legge; se le volontà si incontrano, insomma, non c’è illecito e men che meno estorsione, reato dal quale ieri il tribunale di Prato ha assolto i due proprietari e l’agente immobiliare denunciati dall’imprenditore cinese che ha pagato 400mila euro in contanti, e a nero, per garantirsi che il capannone che aveva adocchiato nell’ambitissimo Macrolotto di Iolo diventasse il suo pronto moda (leggi). La seconda: il fiume di soldi a nero che scorre nel distretto pratese.
Nulla di nuovo. Si sapeva. Si sa. E l’inchiesta non fa altro che confermare. Se è vero, infatti, che i proprietari immobiliari hanno intascato soldi a nero tanto che, dopo essere stati indagati, sono corsi all’Agenzia delle Entrate a mettersi in pari con le tasse (versamento di due milioni a fronte di un giro d’affari di oltre 5 milioni secondo i riscontri della finanza nel periodo 2017-2022), è anche vero che c’è chi ha disponibilità economiche tali da accettare di pagare a nero. Non mille, non cinquemila o diecimila euro – che sarebbe comunque una irregolarità – ma 400mila. Quattrocentomila euro. E’ questo l’ammontare della ‘buona entrata’ anche stando alla testimonianza di altri imprenditori cinesi. Le difese, nel processo di ieri, hanno sostenuto che quei 400mila euro “costituissero porzioni di canone ultradecennali pagate in anticipo ed in contanti, secondo una prassi condivisa da entrambe le parti in causa, inevitabile in un mercato di conduttori privi di garanzia e, purtroppo spesso, anche di affidabilità”. E’ un punto di vista, evidentemente condiviso nel giudizio di primo grado. E, tornando a qualche riga fa, in linea con il Codice civile che lascia libertà ai contraenti di accordarsi come credono.
Resta il fatto che c’è un fiume di soldi a nero che corre nelle strade del Macrolotto, dei Macrolotti. E’ stata applicata la ‘buona entrata’ a ogni capannone su cui campeggiano insegne orientali? L’argine è saltato: ci sono cinesi che hanno denunciato i pagamenti a nero e così facendo anche le loro disponibilità, al netto delle dichiarazioni dei redditi su cui qualcuno butterà un occhio, e ci sono proprietari immobiliari che hanno ammesso le ‘buone entrate’ (ora vestite con l’abito della legittimità) e hanno sanato gli illeciti fiscali. Intanto il fiume di ‘nero’ continua ad agitarsi sotto l’economia regolare, erodendo il tessuto economico di un distretto alle corde. Un fenomeno che, come racconta il processo di ieri (non il primo con in ballo cifre da capogiro), non è nascosto. A questo punto un paio di domande: chi ha i mezzi e i poteri per farlo, proverà a mettere un freno? Quanto tempo resta prima che l’erosione si completi facendo crollare tutto? (nadia tarantino)
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