Da collaboratori di giustizia a vertici dell’organizzazione che si stava muovendo in Toscana per replicare il modello criminale già collaudato a Ponticelli, nel napoletano: affari ed estorsioni per costruire potere e ricchezza. La tesi della Dda di Firenze, che una settimana fa, con dieci arresti, ha decapitato il clan camorristico Sarno (leggi), è approdata davanti al giudice delle indagini preliminari di Firenze. La tornata degli interrogatori di garanzia è finita nel pomeriggio di ieri, martedì 27 maggio. Ora si attendono le decisioni circa la richiesta di alleggerimento delle misure cautelari: cinque indagati sono in carcere e cinque ai domiciliari. I reati ipotizzati a vario titolo: associazione a delinquere finalizzata a reati fiscali e all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, autoriciclaggio aggravato dalla finalità di agevolare una frangia camorristica, estorsione aggravata dal metodo mafioso, violazioni in materia di immigrazione clandestina e reati fiscali. Nella lista degli avvocati difensori figurano, tra gli altri, Olivia Nati per gli indagati accusati solo dei reati fiscali, e Melissa Stefanacci.
Le indagini della guardia di finanza sono andate avanti a lungo: nei tre anni di lavoro, sono state seguite le dinamiche di quelli che sulla carta erano collaboratori di giustizia e per questo inseriti nel programma di protezione e trasferiti tra Prato e Firenze. Alle porte della scadenza del programma, il clan – secondo la Dda – è tornato alla carica cercando di integrarsi nel tessuto economico attraverso l’offerta di un ventaglio di servizi pensati in base alle esigenze e alle peculiarità del distretto: dallo smaltimento dei rifiuti all’ingaggio di manodopera straniera a basso costo, dall’accaparramento di profitto attraverso le frodi fiscali allo spostamento di ingenti somme di denaro senza lasciare traccia.
La Dda ha chiesto e ottenuto anche il sequestro preventivo, con il fine della confisca, di tre appartamenti a Prato, auto di lusso e depositi bancari per un ammontare di un milione di euro. Nell’elenco degli indagati (25 in tutto), due sono stati sottoposti alla misura interdittiva del divieto di ricoprire uffici direttivi di persone giuridiche o di imprese per la durata di un anno.
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