Con tre mostre che interrogano spazio, memoria storica e rappresentazione, il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci inaugura il nuovo programma espositivo 2025. Dal 31 maggio il museo accoglie ‘Smisurata’, ‘La marcia dell’uomo’ e ‘Light lights’, tre progetti che, attraverso linguaggi diversi, dialogano tra loro nella ridefinizione dei confini tra opera, architettura e percezione. Apre il percorso ‘Smisurata’ (31 maggio – 8 settembre), una riflessione sull’arte in formato XXL a cura dell’architetto Ibrahim Kombarij insieme al team del Centro. In mostra opere monumentali della collezione Pecci – tra cui lavori di Marco Bagnoli, Enzo Cucchi, Remo Salvadori e Julian Opie – affiancate da acquisizioni recenti di Lorenza Longhi e Caterina De Nicola. Il percorso si arricchisce di prestiti da collezioni private, tra cui lavori di Mario Merz, Mimmo Paladino e Jannis Kounellis, ricevuti tramite il Museo Novecento di Firenze. L’allestimento si lega alla tradizione italiana del dialogo tra spazio architettonico e opera d’arte, con particolare attenzione alla dimensione del “porgere”, cifra curatoriale del Pecci degli ultimi anni. Sempre dal 31 maggio, “La marcia dell’uomo” (fino al 14 settembre) propone la ripresentazione dell’installazione video di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, già vista alla Biennale di Venezia del 2001. A cura di Elena Magini, il lavoro – acquisito dal Centro – si sviluppa su tre schermi in un viaggio immersivo tra colonialismo, guerre e repressioni culturali dalla fine dell’Ottocento al secondo Novecento. La mostra è affiancata da una rassegna cinematografica dedicata, in programma nella sala del museo. Chiude il trittico “Light lights” (31 maggio – 2 novembre), personale dell’artista Davide Stucchi, curata da Stefano Collicelli Cagol. In esposizione una selezione di sculture create tra il 2019 e il 2025 – alcune realizzate appositamente per l’occasione – che indagano la luce come presenza fisica ed evocativa. Il titolo gioca con la leggerezza formale e concettuale del lavoro di Stucchi, capace di sovvertire con ironia e sottrazione le gerarchie visive dello spazio espositivo, evocando assenze cariche di significato. Con questo nuovo ciclo di mostre, il Centro Pecci conferma la propria vocazione alla sperimentazione e alla rilettura critica della contemporaneità, attraverso il coinvolgimento di artisti e curatori che mettono in discussione le narrazioni dominanti e ampliano lo spettro dell’esperienza visiva
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