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Ottantuno anni fa la deportazione di 133 operai pratesi: solo 18 tornarono dai campi di concentramento


Stamani la cerimonia in ricordo dei tragici fatti dopo lo sciopero generale del 7 marzo 1944. La sindaca Bugetti: "Quei giorni devono restare impressi nella nostra anima per ricordarci che di fronte ai soprusi, all’arroganza, alla violenza e alle ingiustizie, dobbiamo avere il coraggio di ribellarci"


Claudio Vannacci
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Ottantuno anni fa in seguito allo sciopero generale del 7 marzo 1944 vennero rinchiusi nel Castello dell’Imperatore 133 operai pratesi che erano stati catturati dalla truppe naziste in una spietata caccia all’uomo nelle fabbriche e nelle case, con la complicità dei fascisti. Molti vennero rastrellati a caso per strada “per fare numero” – era una buona occasione per deportare uomini e donne in grado di lavorare a favore dell’industria bellica – ma il loro destino era lo stesso: vennero denunciati come sovversivi e trasportati al treno che dalla stazione di Santa Maria Novella era in partenza per la Germania nazista. Un carro bestiame chiuso dall’esterno verso il campo di concentramento di Mauthausen e poi il sottocampo di Ebensee.

In ricordo di quella tragedia stamani è stata posta una corona d’alloro alla lapide ai piedi del Castello dell’Imperatore in piazza Santa Maria delle Carceri. A deporre la corona in memoria dei Caduti sono stati la sindaca Ilaria Bugetti, il prefetto Michela La Iacona e il presidente di Aned (Associazione Nazionale Ex Deportati nei Campi Nazisti) sezione di Prato Gabriele Alberti. Solo 18 tra i più giovani dei 133 deportati riuscirono a sopravvivere e a fare ritorno in patria. Tra loro, come ha ricordato Gabriele Alberti, Dorval Vannini, Roberto Castellani e Marcello Martini. “Quei giorni devono restare impressi nella nostra anima per ricordarci che di fronte ai soprusi, all’arroganza, alla violenza e alle ingiustizie, dobbiamo avere il coraggio di ribellarci. Restare uniti e ribellarci – ha detto la sindaca Bugetti -.  Prendere una posizione, chiara e netta, senza paura, contro la logica del più forte, contro chi sfrutta, contro chi imbroglia, contro chi usa il potere a fini personali, contro chi affama i popoli, contro le ingiustizie. Penso al difficile contesto internazionale che stiamo vivendo, penso al rischio di leggi liberticide, penso alla tendenza del potere di esonerarsi da colpe e responsabilità immolati sull’altare del consenso elettorale facile e dell’interesse personale.  La democrazia e la libertà sono un bene assoluto da difendere con le unghie e con i denti. Esattamente come hanno fatto 81 anni fa quegli operai e i partigiani. Ogni anno ripartiamo da qui, per impegnarci nel nostro quotidiano nella difesa dei più deboli e di quei valori che la Resistenza ci ha consegnato in dote. Un patrimonio dal valore incalcolabile che appartiene a ciascuno di noi e alle generazioni future a cui dobbiamo consegnarlo intatto. Trasformiamo questo luogo della vergogna nel punto più alto della lotta per la libertà. E’ qui, di fronte a una rivolta così convinta e partecipata, che è iniziata la fine dell’oppressore. E’ qui che torniamo ogni anno per ribadirlo e rinnovare il nostro impegno affinché quel sacrificio non sia stato vano”.

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(N° 4 del 14/02/2009)
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