“Sono innocente, non ho ucciso mio cognato. Non sono stato io, lo dico dal giorno dell’arresto e continuerò a dirlo sempre”. Quattro ore: tanto è durato l’esame di Daniele Maiorino, il 58enne in carcere da quindici mesi con l’accusa di aver ucciso, l’8 gennaio 2024 a Ponte dei Bini, ad Agliana, il cognato e vicino di casa Alessio Cini, 57 anni (nella foto). Davanti ai giudici della Corte d’Assise di Firenze l’imputato, difeso dall’avvocato Katia Dottore Giachino, ha ripercorso le ore del brutale omicidio, ha negato ogni responsabilità, ha detto di aver saputo cosa era successo davanti alla loro casa solo quando il cane ha cominciato ad abbaiare ai lampeggianti dei soccorritori.
Alessio Cini, che viveva nella villetta assieme alla figlia e accanto alla famiglia del cognato, fu ucciso all’alba: prima colpito con una spranga poi, ancora vivo, dato alle fiamme.
Al centro del lungo esame, il soliloquio che gli investigatori intercettarono nei giorni successivi all’omicidio tramite una microspia sistemata nell’auto dell’imputato. Alcuni passaggi non sono chiarissimi, altri invece lo sono e inchioderebbero il 58enne che, parlando da solo durante i suoi spostamenti, raccontava ad alta voce il brutale assassinio rivelando particolari precisi: “Parlavo in prima persona immaginando il contenuto dell’interrogatorio di chi ritengo sia autore dell’omicidio e con cui mio cognato qualche settimana prima aveva discusso – ha spiegato ai giudici – parlavo mentre ero immedesimato in quella persona, come se fosse lei, in quel momento, a dire quelle cose”.
Maiorino, accusato di aver agito allo scopo di ottenere la custodia della nipote ancora minorenne e attraverso lei mettere le mani sul patrimonio di Alessio Cini, ha ricordato la figura del cognato sottolineando che c’era accordo tra loro, che i rapporti erano buoni.
Spazio, nel corso dell’udienza, anche al ‘buco’ di 20 minuti nel filmato della telecamera di sicurezza acquisito dai carabinieri: si vede molto ma non tutto, e in particolare non si vedono le fasi dell’aggressione e dell’incendio. L’avvocato Dottore Giachino ha chiesto una integrazione alla perizia per verificare se la telecamera, in tempi precedenti all’omicidio, aveva già dato problemi nella registrazione, se insomma già si erano verificate interruzioni.
Infine, Maiorino ha mostrato ai giudici le difficoltà a muovere il braccio destro in seguito ad un infortunio sul lavoro; una ridotta funzionalità che non consentirebbe all’uomo neppure di pettinarsi e che – insiste la difesa – è incompatibile con la forza esercitata per colpire la vittima e tramortirla prima di appiccare il fuoco.
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