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Omicidio Cini: al processo in Assise colpo di scena su una delle prove chiave dell’accusa


Secondo il perito della Corte l'imputato durante il soliloquio in auto non si sarebbe accusato di aver ucciso il cognato


Nadia Tarantino


Colpo di scena al processo in corso davanti alla Corte d’Assise di Firenze per l’omicidio di Alessio Cini (nella foto), l’operaio pratese di 57 anni preso a sprangate e poi, ancora vivo, dato alle fiamme l’8 gennaio 2024 nel piazzale della propria abitazione a Ponte dei Bini ad Agliana. Per l’omicidio è in carcere il cognato e vicino di casa, Daniele Maiorino, 58 anni, difeso dall’avvocato Katia Dottore Giachino, accusato di aver agito allo scopo di mettere le mani, attraversamento l’affidamento della nipote minorenne, su una eredità che la vittima aveva ricevuto qualche tempo prima. Al centro dell’udienza di oggi, mercoledì 20 marzo, il soliloquio intercettato dai carabinieri nelle ore immediatamente successive al delitto nel quale l’imputato, non sapendo di essere ascoltato durante i suoi spostamenti in macchina, parlava ad alta voce commentando il fatto. Su uno dei passaggi chiave dell’intercettazione, il perito della Corte ha detto che Maiorino non disse – come sostiene l’accusa – “L’ho ucciso” ma disse “L’hanno ucciso”. Facile immaginare che la diversa interpretazione del soliloquio diventerà un campo di battaglia. La questione non è però ancora chiusa: a differenza del consulente della difesa, il perito non sarebbe riuscito a rilevare parole comprensibili nei frangenti di ‘vuoto’ dell’intercettazione e per questo motivo il presidente della Corte, Silvia Cipriani, ha disposto una integrazione.   
Sul banco dei testimoni, stamani, è salita la figlia della vittima e nipote dell’imputato che, oltre che parlare dei rapporti con i parenti, ha riportato una brutta lite tra il padre e un conoscente che, pare, pronunciò una minaccia di morte. Un fatto, questo, su cui la difesa di Maiorino ha sempre insistito e circostanziato. Quanto al movente economico che secondo gli investigatori sarebbe alla base dell’omicidio, la ragazza ha detto che lo zio chiedeva soldi al padre ma non erano grosse cifre, quasi sempre 10 oppure 20 euro, al massimo 50.
Chiamato a testimoniare anche un avvocato che aveva assistito Daniele Maiorino dopo un infortunio sul lavoro; il legale ha spiegato che quell’incidente provocò una menomazione permanente al braccio destro dell’imputato. Già in passato l’avvocato Dottore Giachino aveva parlato di questo particolare per smontare la tesi di colpevolezza dell’accusa e sostenere l’incompatibilità tra la ridotta funzionalità dell’arto con la forza esercitata per assestare le sprangate.
Prossima udienza ad aprile. Attesa per l’esame dell’imputato. Saranno sentiti l’anatomopatologo che ha eseguito l’autopsia sul corpo della vittima, i consulenti incaricati di trascrivere le intercettazioni, il perito che ha lavorato sul filmato di una telecamera che avrebbe ripreso i bagliori delle fiamme ma non i venti minuti precedenti e dunque l’aggressione. (nt)

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(N° 4 del 14/02/2009)
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Redazione: Via del Biancospino, 29/b, 50010
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