Categorie
Edizioni locali

Morte Luana, la collega depone in aula: “Mi sono licenziata perché a nessuno interessava la sicurezza”


Nuova udienza del processo a Mario Cusimano, il manutentore accusato di omicidio colposo e rimozione delle cautele antinfortunistiche per la morte della giovane mamma di 22 anni, il 3 maggio 2021, nella fabbrica in cui lavorava. La giovane fu agganciata e inghiottita dall'orditoio a cui era addetta. Il consulente dell'Inail: "Macchinario modificato con l'inserimento di un rischio non valutato dal costruttore". Pungente la difesa dell'imputato


Nadia Tarantino


“I macchinari non erano in sicurezza e penso che erano così per fare andare più veloce la produzione”. Poche parole. Un’affermazione fortissima quella che risuona nell’aula al secondo piano del Palazzo di giustizia dove ieri, martedì 25 marzo, si è celebrata una nuova udienza del processo a Mario Cusimano, il tecnico accusato di omicidio colposo e rimozione dolosa delle cautele antinfortunistiche per la morte di Luana D’Orazio, la giovane mamma di 22 anni inghiottita il 3 maggio 2021 dall’orditoio al quale era addetta, nell’’Orditura A’ a Oste. A parlare, sul banco dei testimoni, è una collega della vittima. Fa fatica a rispondere alle domande del pubblico ministero Vincenzo Nitti, ma il poco che dice lascia il segno. E ancor di più lascia il segno un’altra collega: “Non c’erano i sensori all’orditoio, la saracinesca era sempre alzata e noi eravamo a contatto con il subbio. Alla macchina della Luanina era tutto scombinato. Io lo dicevo a tutti che non c’era sicurezza ma nessuno mi ha mai dato retta. Che mi rispondevano? Di stare attenta, ecco che mi rispondevano. Lì funzionava così, io ero angosciata. Dopo nove mesi ho trovato un altro posto di lavoro e mi sono licenziata”. Ad ascoltare, in aula, c’è la mamma di Luana, Emma Marrazzo. Contorce le mani, ascolta impietrita e cerca la verità in ogni parola che viene pronunciata. Presente anche Mario Cusimano, accanto al suo avvocato, Melissa Stefanacci. Il processo è alle ultime battute. I titolari dell’azienda, i coniugi Luana Coppini e Daniele Faggi, hanno chiuso i conti con la giustizia due anni e mezzo fa patteggiando pene rispettivamente a due anni e a un anno e sei mesi.
La sicurezza che non c’era: questo l’argomento principale. E, insieme, quello che più interessa in questo processo: l’autore o gli autori delle manomissioni all’orditoio che si è portato via Luana.
Il giudice, il pubblico ministero, gli avvocati di parte civile (Daniela Fontaneto per la mamma di Luana, Giuseppe Quartararo per Inail, Andrea Logli per Cisl e Anmil) e la difesa hanno puntato a capire chi metteva le mani su quel macchinario e sugli altri, chi interveniva, chi faceva e disfaceva. “Non lo so, io sono arrivata che i sensori non c’erano. So che per  le cose più banali veniva Mario e sennò faceva Faggi – ha detto una delle colleghe chiamate a testimoniare ieri – posso dire che la macchina della Luanina aveva un’anomalia, andava in blocco e serviva il reset per farla ripartire”.
E ancora: “Mario io l’ho visto due o tre volte nei mesi in cui ho lavorato in quella orditura, ma lo conoscevo perché da trent’anni sono in questo settore”.
Mario Cusimano è stato descritto come uno dei pochi meccanici esperti, il più conosciuto e il più cercato per fare interventi sugli orditoi della casa produttrice Karl Mayer, quelli cioè in uso nell’orditura di Coppini e Faggi. “Una volta ho visto che Mario e Faggi hanno montato una macchina quindi Faggi qualcosa sapeva fare”, la puntualizzazione della testimone.
Il punto, in questo processo, è capire chi ha escluso, attraverso la manomissione del quadro della macchina, quei presidi di sicurezza che avrebbero salvato la vita di Luana D’Orazio. Manomissioni che richiedono competenza e una conoscenza molto, molto approfondita degli orditoi Karl Mayer. L’ingegnere Stella Tramuto, consulente di Inail, lo ha detto e ripetuto più volte: “Non si tratta di un lavoro che può fare un qualsiasi elettricista, bisogna sapere dove e come mettere le mani”. Cusimano ha sempre negato di aver apportato modifiche all’orditoio e di essere intervenuto sul quadro elettrico per disattivare i sensori e la saracinesca che, una volta abbassata, pone una distanza di sicurezza tra il rullo che gira a gran velocità e il lavoratore. E quando Luana fu agganciata e inghiottita, l’orditoio viaggiava in ‘modalità lepre’. “Quell’orditoio – ha detto l’ingegnere Tramuto – presentava una brida sporgente non protetta da carter ed è stato questo a determinare l’infortunio mortale. In pratica, è stato inserito un rischio non valutato dal produttore. Luana è morta in una circostanza che a Prato non si vedeva da anni, un infortunio vecchio per come è accaduto. Oggi gli orditoi sono dotati di sistemi di sicurezza all’avanguardia e quello, pur essendo un macchinario recente, non lo era in virtù delle modifiche”.
L’ingegnere ha detto di più spostando il fascio di luce sull’imputato: “Le manomissioni sono state fatte costruendo ponticelli sul quadro elettrico per mezzo di microinterruttori identici a quelli rinvenuti in una scatola dentro l’auto di Cusimano”. Pronto l’avvocato Stefanacci: “Quei microinterruttori possono essere usati su altri macchinari”? Risposta secca: “Sì”. Di nuovo la difesa: “Quei microinterruttori si usano su qualsiasi macchinario provvisto di dispositivi di sicurezza, anche un frigo industriale per esempio”? Altra risposta secca: “Sì”. Uno scambio finalizzato, nell’ottica difensiva, ad allargare lo spettro dell’uso di materiale molto specifico sì ma trovato nella disponibilità di un meccanico industriale, di un tecnico specializzato seppure non elettricista.
Un altro aspetto è stato affrontato con decisione: la competenza necessaria a costruire un ponticello su un quadro elettrico. “Realizzarlo è di per sé banale – sempre l’ingegnere Tramuto – si tratta di agganciare due morsetti ma un elettricista deve essere guidato passo passo da chi conosce il macchinario e sa quali collegamenti occorrono per disattivare o bypassare una funzione”.
Il giudice ha chiesto al consulente di motivare la ragione delle manomissioni e la risposta è stata la stessa data da una delle colleghe di Luana, più articolata ma uguale: “In quel modo si risparmia tempo in caso di problemi alla lavorazione: non dover aspettare di alzare la saracinesca per mettere a posto la tela e poi non dover aspettare di abbassarla per far ripartire il macchinario, azzera i tempi morti e accelera la produzione”.
Luana D’Orazio, dunque, esposta alle parti in movimento dell’orditoio e a spiegare bene in che modo è stata la collega: “Ha sempre lavorato così, una cosa da non credere. Sono stata io a far vedere che sui sistemi di sicurezza c’erano le ragnatele proprio perché mai usati. Io lo dicevo a tutti che in quel modo non andava bene e addirittura agli altri dicevo di venire ogni tanto a vedere se ero ancora viva visto in che condizioni lavoravo. Io poi me ne sono andata a lavorare in un’altra fabbrica. Anche Luanina voleva cambiare lavoro ma, piccina, non ha fatto in tempo perché la pandemia ha bloccato tutto e lei è rimasta lì. Io non lo so chi ha tolto le sicurezze ma so che non c’erano”.
Prossima udienza a maggio. Sentenza prevista al più tardi a ottobre.

Edizioni locali: Prato

CONSIGLIATI

logo_footer_notiziediprato
logo_footer_notiziediprato

Notizie di Prato

è una testata registrata presso il Tribunale di Prato
(N° 4 del 14/02/2009)
Iscrizione al Roc n° 20.901

Direttore responsabile: Claudio Vannacci

Editore: Toscana Tv srl

Redazione: Via del Biancospino, 29/b, 50010
Capalle/Campi Bisenzio (FI)

Notizie di Prato

è una testata registrata presso il Tribunale di Prato
(N° 4 del 14/02/2009)
Iscrizione al Roc n° 20.901

Direttore responsabile: Claudio Vannacci

Editore: Toscana Tv srl

Redazione: Via del Biancospino, 29/b, 50010
Capalle/Campi Bisenzio (FI)
©2024 Notizie di Prato - Tutti i diritti riservati
Powered by Rubidia