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Mille in corteo contro lo sfruttamento e la mafia, Sudd Cobas: “Diventi davvero la battaglia di tutti”


Un percorso di cinque chilometri nella zona industriale e nel paese. All'appello ha risposto anche il presidente della Regione. Tanti cittadini e operai arrivati da fuori città. Il grido dei lavoratori sfruttati: "Giù le mani da chi sciopera"


Nadia Tarantino


Questa volta, per la prima volta in sei anni di battaglie, scioperi, picchetti e sit-in, Sudd Cobas non ha manifestato da solo. Oggi, domenica 13 ottobre, per la prima volta istituzioni, amministratori pubblici, politici, sindacati confederali (non tutti per non smentire le spaccature: c’è la Cgil regionale ma non quella pratese), mondo dell’associazionismo, collettivi di fabbrica, comitati si sono uniti al grido contro la mafia e contro lo sfruttamento del lavoro. Un corteo di mille persone: i lavoratori della ex Gkn, quelli della Sammontana di Empoli, semplici cittadini, operai arrivati da Prato e da fuori città. Tra i volti noti quello del presidente della Regione, Eugenio Giani, del suo assessore Monia Monni, rappresentanti del Comune di Carmignano, di Poggio a Caiano e di Prato e tante bandiere del Pd e del M5S. Tamburi, striscioni e cartelli: “Giù le mani da chi sciopera”, “Basta sfruttamento” e lo slogan “8×5” che sta alla base della battaglia di Sudd Cobas: turni di 8 ore per 5 giorni a settimana. Una marcia di 5 chilometri, rumorosa ma pacifica come tante altre del sindacato autonomo che nel suo nome richiama valori come unione, democrazia e dignità. Dal 2018, quando i leader Luca Toscano e Sarah Caudiero hanno organizzato i primi scioperi, si contano un migliaio di lavoratori regolarizzati. Mille lavoratori strappati agli sfruttatori: “Una goccia nel mare – dicono i sindacalisti – sono tantissimi gli operai che ci chiamano invocando niente di più che la normalità, 40 ore di lavoro a settimana che, come prevede la legge italiana, sono il massimo per vivere”. E mentre il corteo avanzava lungo il percorso prestabilito, nelle fabbriche che non chiudono mai, tanti lavoratori a testa bassa sulle macchine che cuciono l’oramai famoso abbigliamento fast fashion pratese.
Una manifestazione contro la mafia, contro gli attacchi squadristi: “Come altro possiamo chiamare le aggressioni che subiamo? – chiede Luca Toscano – l’altra notte qui a Seano a colpi di spranghe e con chiare minacce di morte, tutte quelle prima contro i lavoratori in sciopero e contro chi si batte per i loro diritti. Gli sfruttatori non hanno altra risposta che mandare i picchiatori. Lo abbiamo detto: non è una risposta efficace, Sudd Cobas non si ferma”.
Per l’aggressione di mercoledì notte, davanti alla Confezione Lin Weidong, la procura ha aperto un’inchiesta. Il fascicolo contiene diverse ipotesi di reato: intermediazione illecita del lavoro, sfruttamento, lesioni aggravate e minacce gravi.
Il procedimento della procura seguirà il suo corso così come seguirà il suo corso la protesta contro lo sfruttamento indipendentemente da quello che succederà domani, martedì, mercoledì, nei giorni e nelle settimane a venire: “Vediamo se davvero questa è la svolta, se davvero questa è la sveglia – ancora Toscano – non ci interessano le passerelle, ci interessano i fatti e solo quelli contano. La Cgil dice che i nostri sono metodi sbagliati? Ma davvero non si ricordano gli anni degli scioperi grazie ai quali oggi il loro sindacato esiste”?
In mezzo al corteo don Helmut Szeliga, parroco di San Giusto. E’ stato l’unico prete a esprimere solidarietà concreta ai lavoratori caricando la macchina mattina e sera di tè caldo, teglie di riso e pollo, di pasta al forno e di biscotti per la colazione: “A questi giovani dobbiamo chiedere perdono – ha ripetuto più volte in questi giorni – non abbiamo saputo risolvere una situazione straconosciuta, sotto gli occhi di tutti da anni. A chi ha detto di non aver mai saputo, io rispondo che è un bugiardo, semplicemente un bugiardo”.
Sono i lavoratori pachistani, in un italiano stentatissimo, a dire della loro condizione: “Dodici ore al giorno anche la domenica per 900 euro”. Qualche ‘fortunato’ che ha già ottenuto un contratto di lavoro regolare racconta come è cambiata la sua vita: “Otto ore al giorno, sabato e domenica riposo, alla fine del mese 1.400-1.500 euro”. Poi c’è chi un contratto ce l’ha da sempre ma ugualmente sciopera: “Il padrone mi ha preso part-time ma io lavoro due turni al giorno e non posso mai stare a casa per riposarmi un po’”. Storie di lavoratori sfruttati, storie tutte uguali. Troppe storie tutte uguali.
Quello che Sudd Cobas non ha ottenuto in sei anni, lo ha ottenuto in poche ore. “Ma poi servono i fatti – il commento – serve debellare la piaga dello sfruttamento”. (nadia tarantino)

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