Alla vigilia dell’entrata in vigore dei dazi imposti dagli Usa previsti per domani 2 aprile, ad essere appesi ad un filo sono anche gli imprenditori del settore vinicolo della Provincia di Prato. A Carmignano, sul Montalbano, il vino rappresenta un settore cruciale per quanto riguarda l’export oltre-oceano. Ogni anno, da queste colline, vengono inviate negli Stati Uniti migliaia di bottiglie di vino, soprattutto rosso. Un settore che trema all’idea di dover vedere i propri prodotti crescere di prezzo (fino al 200% in più), o peggio ancora, vedersi tagliati fuori da una grossa fetta di mercato estero. . In un momento di forte incertezza, gli effetti della guerra commerciale, si sono già fatti vedere sulle aziende vinicole toscane che rappresentano il 66.7% delle importazioni per gli States. Se da una parte si attende di capire la reale portata delle nuove imposte, dall’altra parte sono già molti i compratori che nelle ultime settimane hanno preferito aspettare ad ordinare per paura di ritrovarsi tra le mani prodotti troppo più cari del previsto e difficilmente piazzabili sul mercato. Una paura che pesa soprattutto sulle piccole aziende, che seppur storiche e radicate, si trovano in difficoltà. Tra queste c’è anche la Fabrizio Pratesi Winery, con sede a Seano (Carmignano).
“Adesso è un momento di grande complicazione, questi dazi hanno fatto fermare il mercato Usa- racconta il proprietario Fabrizio Pratesi- Tutti gli importatori importatori sono fermi e aspettano di capire quello che succederà ma il vino non viene ritirato. Venivamo già da un periodo di contrazione dei consumi dei vini, ora arriva un’altra mazzata. Il mercato degli Stati Uniti pesa moltissimo, è molto importante, a livello enogastronomico pesa per 1 miliardo l’anno dove 420 milioni sono sul bere, vino compreso. Ci auspichiamo che vengano definite velocemente le cornici, il limbo per noi è già dannoso: siamo bloccati non possiamo spedire e ritirare, i programmi si sono arenati alla vigilia del Vinitaly per noi importante occasione”. Un danno economico non da poco, per un settore che ha fatto del rapporto con gli Usa una voce importante del proprio bilancio con ricadute significative anche, a cascata, sull’occupazione. Le piccole aziende, a conduzione familiare, tentano di resistere pensando anche di allargare gli orizzonti commerciali verso altre zone ma non è semplice: “Sostituire un cliente importante come gli stati uniti che pesano oltre il 30% sull’azienda è difficile, si costruisce con il tempo- spiega l’imprenditore- Negli Usa il vino italiano è molto diffuso ed amato, la cucina italiana in America fa da ponte per il vino. Dobbiamo puntare ad una soluzione che sia definita, anche i dazi, ma che si arrivi velocemente ad una soluzione. Se i dazi verranno messi al 200% andiamo fuori dal mercato, se saranno intorno al 20% noi produttori dovremmo comunque contribuire a questi costi che si ripercuoteranno sui nostri listini”. I tempi, con l’arrivo della primavera, si accorciano e il margine è sempre più stretto. Il vino, che non può viaggiare con l’aumento della temperatura per il rischio di deterioramento: “Rischiamo di saltare una mezza stagione di vendita, siamo già ad aprile- conclude Pratesi- i ritardi sulle vendite al momento sono importanti”.
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