“Prato, polo industriale di proporzioni significative e crocevia di flussi migratori, affaristici, economici e criminali, è una realtà che ha creato le basi per infiltrazioni di strutture associative anche di tipo mafioso, italiane e straniere”. E ancora: “La città di Prato e la sua provincia sono caratterizzate da una complessità e da un pericolosità criminale che non sono del tutto note e, di conseguenza, non sono state adeguatamente comprese”. Sono due passaggi della relazione di undici pagine che il procuratore, Luca Tescaroli, ha inviato ieri, martedì 22 ottobre, al ministero della Giustizia e al ministero dell’Interno in seguito all’interrogazione depositata dalla deputata pratese di Fdi, Chiara La Porta (co-firmatario il collega Francesco Michelotti), circa la necessità di dotare la procura di Prato di una sezione della Direzione distrettuale antimafia. “E’ auspicabile la creazione di una Dda a Prato o di una sezione presso la procura”, l’opinione di Tescaroli.
I Dipartimenti degli affari interni e degli affari di giustizia hanno chiesto un dettaglio della situazione pratese e il dettaglio è arrivato: dall’ultima inchiesta contro lo sfruttamento del lavoro con tanto di aggressione e minacce di morte a lavoratori e sindacalisti, alle “molteplici spedizioni punitive” contro gli operai che negli anni si sono ribellati ai ‘padroni’ cinesi; dai pestaggi e i danneggiamenti contro imprenditori cinesi (nove quelli portati a termine tra aprile e ottobre di quest’anno) “espressione di una faida in atto”, ai processi ‘money transfer’ e ‘China truck’ con decine di imputati.
Nelle undici pagine fitte di date e circostanze, il procuratore non manca di ricordare che gli organici della magistratura e delle forze dell’ordine a Prato sono quelli che sono: “La complessità e pericolosità criminale si è acuita nell’ultimo anno e richiederebbe organici ben più consistenti di quelli attuali per contrastare le plurime manifestazioni criminose”. Manca un sostituto in procura (attualmente sono 9 oltre al procuratore capo), e c’è una carenza di giudici in tribunale tanto che i collegi sono stati ridotti da tre a uno e l’effetto ‘imbuto’ sui processi è un finale già scritto.
Segue l’ordine cronologico, Tescaroli, per descrivere la situazione a Prato e per dire che la comunità cinese è la grande protagonista.
Sfruttamento del lavoro. L’ultima battaglia di Sudd Cobas si è risolta con un’aggressione a colpi di spranghe e con una minaccia di morte: “La prossima volta vi spariamo”. Quattro – due lavoratori pachistani e due sindacalisti che da giorni erano in sciopero davanti ai cancelli della ‘Confezioni Lin Weidong’, in via Galilei a Seano, finiti all’ospedale, la notte del 9 ottobre, con ferite alle gambe e alle braccia. “Numerose le aggressioni verificatesi nel corso del tempo – si legge nella relazione – l’ufficio sta provvedendo a radiografare le relative risultanze nella prospettiva di verificare gli eventuali tratti soggettivi e oggettivi comuni e di comprendere se sussista una regia unitaria”.
Il procuratore scrive che “a oggi sono state individuate molteplici spedizioni punitive”. Tradotto: botte e violenze contro i lavoratori che, aderendo a Sudd Cobas (in passato Si Cobas), hanno chiesto contratti di lavoro regolari e turni di otto ore cinque giorni la settimana.
“Ad aprile 2023 in una azienda sono stati sottoscritti contratti di lavoro con condizioni regolari – si legge nella relazione del procuratore – la conseguenza è stata la presenza, nello stesso magazzino, di lavoratori sindacalizzati e lavoratori non aderenti e sottoposti allo sfruttamento da parte degli indagati (i fatti hanno portato ad alcune iscrizioni sul registro delle notizie di reato, ndr), conseguenza che ha provocato l’esposizione dei lavoratori sindacalizzati a episodi di minaccia e violenza ai loro danni sia dentro che fuori il luogo di lavoro, tramite operai ingaggiati allo specifico fine di controllarli anche con metodi violenti, con veri e propri agguati eseguiti da persone ignote”. Aggressioni avvenute nel 2023 il 29 aprile, 18 luglio, 2 e 8 agosto, e il 9 marzo 2024: “Ignoti che hanno agito con il volto travisato e, in alcuni casi, con un’arma: aggressioni funzionali ai reati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”.
Il resoconto torna indietro fino all’11 ottobre 2021: “Un gruppo di cittadini cinesi ha sedato sul nascere un tentativo di emancipazione sociale posto in essere dai lavoratori dipendenti dell’impresa Dreamland: le investigazioni hanno permesso di identificare dieci cittadini cinesi quali autori del grave fatto e di ricostruire un più ampio sistema di sfruttamento”. Viene ripercorsa anche l’aggressione: “Tra i numerosi feriti anche due operai pachistani, dipendenti della stessa ditta colpiti con calci, pugni e bastonate: gli unici che, in occasione di un controllo ispettivo, avevano collaborato con le autorità”.
Di grosse dimensioni l’inchiesta scaturita da quell’aggressione: 20, tra cinesi e pachistani, i lavoratori sfruttati, “tutti caratterizzati da un profilo soggettivo univoco di debolezza tale da determinare un sostanziale atteggiamento di subordinazione totale nei confronti dei propri titolari”. Il procedimento è poi arrivato a sentenza con il patteggiamento dei quattro imputati e con la confisca di 80mila euro. Sul fronte del pestaggio, invece, per i cinesi ritenuti esecutori è stata chiesta l’udienza predibattimentale: richiesta di febbraio 2024, appuntamento per marzo 2027.
Imprenditori cinesi in guerra. Alla base dello scontro tra diversi gruppi c’è il controllo del mercato delle grucce e della logistica: basti pensare a quante migliaia di capi vengono esposti nei pronto moda, ognuno con la propria gruccia, e quante migliaia ne vengono spediti ovunque in Europa per avere un’idea del flusso di denaro generato. Chi prevale nella guerra può controllare questa fetta di mercato. Una guerra fatta di pestaggi, incendi, avvertimenti molti dei quali fino ad oggi mai resi noti.
Il 5 agosto 2022 il primo episodio in via Traversa del Crocifisso, dove ha sede una ditta cinese. Alcuni dipendenti vengono minacciati con le pistole da quattro uomini incappucciati che poi danno fuoco ad un furgone. Il titolare, poche settimane prima, aveva costituito una società per la produzione di grucce. Un passo, evidentemente, non gradito agli avversari.
Il 23 aprile 2024 “un altro imprenditore cinese ha subito il tentativo di estorsione da parte di tre soggetti, finalizzato a imporgli l’acquisto di grucce: alla risposta negativa segue una violenta aggressione”.
Il 14 giugno scorso, nelle mire degli aggressori finisce il titolare di un’azienda di logistica e lo stesso succede, ad un altro cinese, il 18 giugno. Si arriva al 6 luglio quando un imprenditore cinese, condannato in via definitiva per omicidio volontario, viene ridotto in fin di vita all’interno di un circolo nella zona di San Paolo (i presunti aggressori sono stati arrestati e il 25 novembre compariranno davanti al tribunale per il processo con rito immediato).
La scia di agguati a luglio è lunghissima: il 13, un gruppo di persone armate di bastone e tubi in ferro, minaccia – e non va oltre – il dipendente di una ditta di trasporti; il 15, un tir della stessa ditta viene dato alle fiamme in via Nottingham e l’incendio si propaga ad una azienda di cui risulta titolare occulto, tra gli altri, un imprenditore “elemento di spicco della malavita cinese”; il 22 viene messa in atto una spedizione nei confronti di tre cinesi minacciati da sei connazionali che cercano soldi ma la rapina fallisce; il giorno successivo, il 23, un gruppo di cinesi si presenta in una ditta di spedizioni e si impossessa di diverse scatole di abbigliamento pronte a prendere la via della Francia; il primo ottobre, in viale della Repubblica, l’incendio della macchina di un cinese e il ritrovamento, nelle vicinanze, di una cassa da morto con la foto dell’uomo. (nadia tarantino)
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