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La Cassazione restituisce la casa alla madre di due fratelli pregiudicati: “Non è stata pagata con i soldi delle rapine”


Ai due fratelli, finiti sulle cronache per le vicende della 'banda del Soccorso', era stata sequestrato e confiscato un patrimonio di circa mezzo milione di euro. Nel pacchetto anche l'appartamento intestato alla madre: l'avvocato ha dimostrato che quel bene non c'entra niente con le attività illecite


Nadia Tarantino


“L’appartamento deve essere dissequestrato e restituito all’avente diritto perché manca la motivazione che regge i necessari presupposti della confisca del bene”. Cala, questa volta definitivamente, il sipario sull’immobile finito nel pacchetto del patrimonio confiscato ai fratelli Alessandro e Christian Curto, 33 e 30 anni, finiti in diversi procedimenti giudiziari a carico della cosiddetta ‘banda del Soccorso’ artefice, nei passati anni, di furti e rapine a danno della comunità cinese e sgominata dalla Squadra mobile. La Cassazione ha ribaltato il decreto con il quale, lo scorso maggio, la Corte di appello di Firenze aveva stabilito che l’appartamento, situato nella periferia sud di Prato, pur formalmente intestato alla madre fosse, in realtà, direttamente riconducibile ai due fratelli. L’avvocato Katia Dottore Giachino, che ha seguito la vicenda, è riuscita a invalidare il ragionamento e a convincere il terzo grado che quella casa non ha nulla a che vedere con attività illecite e contestazioni penali mosse nel tempo.
Poco più di un anno fa la Cassazione aveva confermato il sequestro finalizzato alla confisca di beni per un valore di circa mezzo milione di euro. Nell’elenco, le quote di una concessionaria con sede ad Agliana, di cui risultava amministratore il trentenne, le auto intestate alla società, e altre quattro di ingente valore nella disponibilità di tutti e due i fratelli. L’appartamento già allora era rimasto in bilico: quella sentenza, infatti, aveva deciso che fosse di nuovo la Corte di appello a valutare i termini della confisca esaminando la “sussistenza dell’interposizione fittizia”. I giudici dell’Appello avevano detto che sì, anche la casa doveva passare allo Stato perché collegata ad “una serie di furti commessi tra il 2011 e il 2012 e tra il 2014 e il 2015 dai fratelli”.  
La decisione di secondo grado è stata cassata e l’argomento è ora chiuso.
A mettere in moto la misura di prevenzione fu, nel 2021, la procura di Firenze in base alle prerogative del Codice antimafia che consente di bloccare beni che sono nella disponibilità di soggetti per i quali sia stata accertata una evidente sproporzione tra il tenore di vita e i redditi da lavoro dichiarati, e con un certificato penale particolarmente compromesso. Per i giudici, il patrimonio dei due fratelli altro non era che il frutto di attività illecite, come dimostrato da arresti e denunce. La casa, però, no.    

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(N° 4 del 14/02/2009)
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Direttore responsabile: Claudio Vannacci

Editore: Toscana Tv srl

Redazione: Via del Biancospino, 29/b, 50010
Capalle/Campi Bisenzio (FI)

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