Trentotto anni di carcere al commando che il 6 luglio 2024 massacrò di botte Chang Meng Zhang, l’imprenditore cinese a capo di una azienda di produzione delle grucce, la Heng Long Plast, ridotto in fin di vita a suon di calci e pugni e infine fatto bersaglio di numerose coltellate all’addome. Il processo con rito abbreviato si è concluso oggi, martedì 29 aprile; 7 anni e 6 mesi ai cinque imputati di tentato omicidio: Yunlong Chen, Xunbing Zheng, Zhukung Zheng, Xianluan Lin e Yuncan Hu, difesi dagli avvocati Manuele Ciappi e Alessandro Fantappiè.
Il giudice delle udienze preliminari del tribunale di Prato ha pronunciato la sentenza dopo oltre due ore di camera di consiglio. Condanne inferiori rispetto ai 10 anni chiesti dal pubblico ministero, Laura Canovai. Le condanne di fatto rappresentano il primo punto giudiziario nella cosiddetta ‘guerra delle grucce’ che contrappone, in una feroce guerra, due gruppi interessati a controllare il ricchissimo mercato della logistica in Italia e all’estero che, si legge in un comunicato del procuratore Luca Tescaroli, produce un fatturato tra i 100 e i 200mila euro al mese.
Chang Meng Zhang, pregiudicato e condannato in via definitiva per l’omicidio volontario di un imprenditore, anche lui cinese, commesso a marzo 2006 a San Giuseppe Vesuviano, nel napoletano, fu pestato a sangue nel circolo Number One, in via Scarlatti, e poi trasportato e abbandonato dall’altra parte della città, in via Marsala, nei pressi di casa.
I suoi aggressori, in fuga, furono arrestati pochi giorni dopo tra la Calabria e la Sicilia. Il sesto uomo, un ex soldato dell’esercito cinese, Nengyn Fang, è invece finito in manette poche settimane fa, rintracciato in un ristorante alla periferia di Padova.
Un regolamento di conti in piena regola: botte a mani nude, ferite provocate con cocci di vetro e, alla fine, una sequenza impressionante di coltellate fino all’eviscerazione. Diversi gli interventi chirurgici a cui la vittima è stata sottoposta nel corso del tempo e che l’hanno salvata dalla morte. E’ stata la sua collaborazione a indirizzare le indagini e a convincere anche il fratello, che vive e lavora all’estero, ad aiutare gli investigatori. Lo scenario emerso è, appunto, quello della “gestione del mercato delle grucce e nell’individuazione delle risorse finanziarie impiegato per lo svolgimento dell’attività”. La collaborazione ha dato una spinta decisiva alla soluzione del caso perché fino a quel momento gli elementi in mano alla polizia erano quelli delle telecamere di sicurezza installate nel locale. I filmati avevano consentito di dare un nome ad alcuni degli aggressori e in particolare ad uno ma c’era da mettere insieme tutti i tasselli e spiegare il perché di tanta violenza, il motivo di quell’aggressione che segnò la punta più alta di un crescendo criminale esploso qualche settimana prima.
La vittima è stata ‘premiata’ per la sua collaborazione: la procura ha chiesto e ottenuto dal questore il rilascio del permesso di soggiorno.
Il processo è chiuso ma le indagini della procura vanno avanti senza sosta anche dopo gli ultimi fatti di sangue all’interno di una comunità cinese sempre più violenta e che consuma agguati anche a colpi di pistola.
“Le investigazioni – scrive il procuratore Tescaroli – sono nutrite del prezioso apporto degli appartenenti alla Squadra mobile e hanno consentito di far emergere una rete di collegamento in più porzioni del territorio nazionale ed europeo, dato confermato dalla presenza a Padova del sesto soggetto fermato per l’aggressione del 6 luglio scorso. Al fine di rendere più efficace l’azione del mio ufficio, si è creato una sezione denominata Criminalità cinese, articolata in tre gruppi: reati economico-finanziari, criminalità violenta di strada, reati di immigrazione, con l’inserimento di sei magistrati”. (nt)
Riproduzione vietata