Domandare è lecito, rispondere è cortesia e anzi, è un principio di “civiltà giuridica” se a doverlo fare è la pubblica amministrazione. Non fa sconti il Consiglio di Stato che dà una sonora bacchettata al ministero della Giustizia rimasto immobile di fronte alla diffida degli avvocati di “provvedere al reintegro del personale amministrativo all’ufficio del Giudice di pace di Prato” così da riattivare il servizio di iscrizione a ruolo dei decreti ingiuntivi sospeso nel 2023 dal presidente del tribunale per carenza di organico. Una bacchettata tanto più sonora perché ribalta totalmente la sentenza del Tar che a ottobre scorso aveva bocciato il ricorso che denunciava il ‘silenzio/inadempimento’ degli uffici ministeriali presentato dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati, dalla Camera penale e da quella civile, dall’Associazione giovani avvocati e da Assoutenti. Il braccio di ferro tra gli uffici del Guardasigilli e gli avvocati pratesi è la cornice tecnica del quadro che si è determinato con la sospensione dei ruoli per l’emissione dei decreti ingiuntivi che, di fatto, ha bloccato un servizio pubblico tra le proteste degli ordini professionali, dei sindacati e delle categorie economiche.
Assistiti dall’avvocato Bruno Campagni, gli avvocati hanno intrapreso la loro battaglia convinti che intimare al ministero della Giustizia di “provvedere al reintegro del personale amministrativo” fosse sufficiente a rimettere in moto il servizio. La richiesta, tradotta in numeri, era quella di adeguare il numero dei dipendenti in servizio – quattro – a quello previsto dai decreti del 2015 e del 2018 e cioè quindici. In pratica, non la richiesta di ampliare la pianta organica pensata per il Giudice di pace di Prato (questione riconducibile alla discrezionalità della sfera amministrativa), ma quella di garantire la presenza di tutti e 15 i lavoratori attesi. Zero risposte. Silenzio assoluto. E da qui il ricorso al Tar e poi, dopo il rigetto, al Consiglio di Stato che ha dato una scadenza al ministero per farsi vivo. “Il ministero – scrive il presidente dell’Ordine degli avvocati, Marco Barone, in una circolare ai colleghi – dovrà adottare un provvedimento espresso entro 30 giorni. Un provvedimento che potrà anche essere negativo, ma comunque motivato”. Dunque, gli uffici del ministero possono anche aver considerato infondata, irricevibile, improcedibile o chissà cosa la richiesta dell’avvocatura pratese di garantire i livelli di organico previsti in modo da restituire la completa operatività al Giudice di pace, ma questo non vuol dire che non ci debba essere una risposta scritta, tanto più che il Consiglio dell’Ordine degli avvocati è riconosciuto – parole del Consiglio di Stato – “presidio dell’interesse pubblico all’efficiente esercizio della giustizia”.
Il conto alla rovescia per conoscere la posizione del ministero è partito e, alla lunga, si dovrà aspettare i primi di marzo. “Una battaglia importante per tutti – il commento del presidente Barone – ringrazio l’avvocato Campagni per essersi messo a disposizione dell’avvocatura pratese e ringrazio quanti, ognuno per la propria competenza, ha fornito aiuto e supporto consentendo di portare le nostre istanze fino al Consiglio di Stato che oggi ci dà ragione e riconosce la dignità della nostra azione”.
Giudice di pace, il Consiglio di Stato tira le orecchie al governo: “Dia subito una risposta agli avvocati”
Ribaltata la sentenza del Tar che aveva avallato il 'silenzio/inadempimento' del ministero della Giustizia a cui gli avvocati chiedevano il reintegro del personale amministrativo per riattivare i ruoli dei decreti ingiuntivi sospesi per carenza di organico (4 dipendenti in servizio su 15 previsti). Entro un mese dovrà esserci un provvedimento scritto
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nadia tarantino
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