Se rispetto ad un provvedimento scritto in italiano e non tradotto, il destinatario si attiva rivolgendosi ad un avvocato per farsi le proprie ragioni, non può poi pretendere che quello stesso atto venga invalidato perché non convertito nella sua lingua madre. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato che ha respinto l’istanza di un cinese a cui la questura ha negato il rinnovo del permesso di soggiorno in conseguenza di una condanna a 3 anni e 6 mesi per un reato ostativo – l’estorsione – e lo ha comunicato con un provvedimento non tradotto. “La mancata traduzione dell’atto – scrivono i giudici – non inficia la validità dell’atto se ciò non ha impedito allo straniero di impugnarlo”. Insomma, o si capisce sempre e non si capisce mai. Il cinese, arrestato e condannato per una vicenda di estorsione, non potrà ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno e, perciò, dovrà tornare in patria. L’estorsione, infatti, è uno degli illeciti per i quali il legislatore ha previsto che lo straniero non possa continuare a vivere in Italia. Al cinese non è servito a nulla spiegare che vive qui dal 1998 (“in una parte del ricorso l’appellante afferma di parlare correttamente l’italiano, e ciò appare certamente credibile considerato che è soggiornante sul territorio nazionale da molti anni”, ancora i giudici riferendosi alla lamentela sulla mancata traduzione del provvedimento), che qui ha una compagna e dei figli, che qui lavora e che, dunque, la questura avrebbe dovuto valutare il suo radicamento prima di stracciare il permesso di soggiorno: “La valutazione della pericolosità sociale è stata eseguita a monte – si legge nella sentenza – e quindi non è necessaria alcuna autonoma valutazione da parte del questore”. La situazione familiare, in realtà, è stata indagata dalla polizia che ha accertato che l’uomo non convive con la compagna né con i figli. Ecco che, anche a cercare un appiglio per scongiurare il ritorno in Cina, nulla che tiene legato l’uomo all’Italia è stato trovato.
Non c’è due senza tre: smontata la ragione della non traduzione dell’atto e smontata quella del radicamento familiare, il Consiglio di Stato ha anche respinto l’ammissione al gratuito patrocinio: “Non serve solo dimostrare l’esiguità del reddito ma anche la non manifesta infondatezza della pretesa azionata”. Tradotto: l’avvocato lo paga lo Stato sei non hai abbastanza soldi ma le tue ragioni, al di là che la causa si vinca o si perda, devono avere un fondamento.
Espulso dopo la condanna si oppone perché la sentenza è solo in italiano ma il Consiglio di Stato gli dà torto
Condannato per estorsione, si è visto negare il rinnovo del permesso di soggiorno e si è rivolto ad un avvocato per farsi le proprie ragioni. I giudici: "L'atto è valido se lo straniero lo ha impugnato". Bocciate anche le altre questioni sollevate per mantenere i requisiti necessari a stare in Italia
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