I lavori di manutenzione in corso al deposito di Calenzano nei momenti immediatamente precedenti all’esplosione che ha provocato cinque morti e ventisei feriti, due dei quali ancora gravissimi, sarebbero stati fatti su una linea di rifornimento che si dava per dismessa ma che, invece, stava erogando benzina. A un mese dalla tragedia, è quanto emergerebbe dall’inchiesta della procura di Prato secondo le anticipazioni pubblicate da ‘il Fatto Quotidiano’. Gli operai incaricati della manutenzione avrebbero svitato i bulloni di sicurezza di un tubo pieno di carburante e così facendo avrebbero provocato l’esplosione innescata dal surriscaldamento dei loro stessi attrezzi da lavoro. Omicidio colposo, disastro e omissione o rimozione delle cautele antinfortunistiche sono le ipotesi di reato formulate dalla procura che ha incaricato sei consulenti esperti in esplosivistica, incendi, chimica, impiantistica strutturale e piani di sicurezza, di ricostruire il terribile scenario e le cause che lo hanno scatenato. Il deposito della perizia è atteso per metà febbraio. Intanto continua l’acquisizione di documenti, contratti, corrispondenza e altro carteggio utile a comporre il quadro dei rapporti tra Eni e Sergen, la società con sede in provincia di Potenza, specializzata nella manutenzione di impianti petroliferi, i cui operai stavano operando sulla linea di benzina che sarebbe all’origine del disastro. Operazione, pare, incompatibile con il rifornimento delle autobotti.
Esplosione Calenzano, prime indiscrezioni sulla perizia: c’era benzina dentro la linea di rifornimento dove lavoravano i manutentori
Secondo le anticipazioni pubblicate da Il Fatto Quotidiano lo scoppio si sarebbe originato proprio nel momento in cui gli operai hanno svitato i bulloni di sicurezza
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