Nuovo sopralluogo degli inquirenti nell’area del deposito Eni di Calenzano e nuova raffica di perquisizioni e sequestri. Alla vigilia dell’anniversario del primo mese dalla tragedia costata la vita a cinque lavoratori, con altri due sempre ricoverati in gravi condizioni, subisce un’accelerata l’inchiesta portata avanti dalla procura di Prato e coordinata dal procuratore Luca Tescaroli in persona. Stamani, 8 gennaio, i magistrati sono tornati nel deposito di via Erbosa. Con loro c’erano i consulenti tecnici incaricati di effettuare le perizie, i carabinieri del Nucleo investigativo di Firenze, gli ispettori del Dipartimento prevenzione dell’Asl Toscana Centro e i vigili del fuoco. L’obiettivo del sopralluogo era raccogliere ulteriori elementi in grado di accertare la causa che ha innescato la terribile esplosione. In una nota lo stesso procuratore sottolinea come “le indagini siano in corso di espletamento con carattere di assoluta priorità”.
Le nuove perquisizioni, ispezioni e sequestri integrativi, invece, sono stati a carico di quattro “obiettivi, funzionali – si spiega sempre nella nota – a individuare documentazione necessaria per individuare le responsabilità dei soggetti in ipotesi responsabili”. Non viene specificato se questi quattro soggetti siano nuovi oppure gli stessi già oggetto di perquisizioni e sequestri nelle fasi iniziali dell’inchiesta, tra i quali Eni e Sergen, la ditta con sede a Potenza per la quale lavoravano due degli operai che hanno perso la vita nell’incidente, oltre alle ditte di autotrasporto presso cui lavoravano le altre vittime.
Omicidio colposo plurimo, disastro e omissione o rimozione dolosa della cautele antinfortunistiche sono le ipotesi di reato sulle quali lavorano gli inquirenti. In attesa della conclusione delle perizie, prevista per la metà di febbraio, al momento sarebbe stato individuato il punto esatto dal quale sono fuoriusciti i vapori di carburante che hanno creato le condizioni per la devastante esplosione. Sembra anche accertato – come si vede nei video acquisiti dalla procura – che durante le operazioni di rifornimento da parte delle autobotti fossero in corso i lavori di manutenzione alle baie della pensilina di carico. In particolare gli operai della ditta di manutenzione stavano utilizzando un carrello. Dal massimo riserbo che avvolge l’inchiesta sarebbe emerso che la nuova attività sarebbe stata finalizzata ad acquisire un verbale, antecedente al disastro e di cui si farebbe menzione in altri atti, relativo alle attività svolte in relazione proprio all’intervento di manutenzione in programma nell’area del deposito dove è avvenuta l’esplosione. Il nodo dell’inchiesta si starebbe quindi concentrando su quanto già emerso fin dai primi momenti: il fatto, cioè, che si stessero facendo contemporaneamente due operazioni – il carico di carburante sulle cisterne e i lavori di manutenzione – incompatibili tra loro.