Concluse all’Istituto di medicina legale dell’ospedale fiorentino di Careggi le autopsie sulle cinque vittime dell’esplosione al deposito Eni di Calenzano. Servirà qualche altro giorno per attribuire una identità alle salme non riconoscibili: i campioni di dna che saranno prelevati ai familiari delle vittime, saranno poi comparati con ciò che è stato possibile ricavare dai corpi. Ulteriori verifiche saranno fatte attraverso le impronte dentali e gli esami antropometrici.
Il lavoro degli investigatori non si ferma. Dopo le perquisizioni in diverse sedi Eni e negli uffici della Sergen, l’azienda della provincia di Potenza che stava facendo lavori di manutenzione nello stabilimento e della quale erano dipendenti le vittime Gerardo Pepe e Franco Cirelli, la procura ha disposto l’acquisizione di documenti anche alla Bt Trasporti, l’azienda con sede a Pomezia per la quale lavorava Vincenzo Martinelli, un’altra vittima. Azienda che, lo scorso ottobre, aveva ricevuto proprio da Martinelli la segnalazione di “continue anomalie sulla base di carico”, problemi di erogazione che non gli avevano consentito di effettuare il rifornimento. E Martinelli aveva anche chiesto al datore di lavoro di conoscere il nome del responsabile del Servizio di prevenzione e protezione e del rappresentante dei lavoratori alla sicurezza per poter avere un confronto. L’autotrasportatore, evidentemente, non si sentiva sicuro. Una lettera scritta a mano che è già nel carteggio a disposizione del procuratore; carteggio attraverso il quale, insieme alle immagini dello scoppio, alla testimonianze e ad altre attività investigative ancora in corso da parte di carabinieri, tecnici Asl e vigili del fuoco, si va componendo il quadro della tragedia.
Omicidio colposo plurimo, disastro e omissione o rimozione dolosa della cautele antinfortunistiche: queste le ipotesi di reato, al momento contro ignoti ma potrebbero esserci sviluppi a breve: diverse le persone finite nel perimetro dell’inchiesta con qualche avvocato che già si sarebbe affacciato in procura. Procura che potrebbe allargare il suo team di consulenti (attualmente al lavoro ci sono esperti in esplosivi, in incendi e in chimica) per approfondire qualsiasi versante di una inchiesta particolarmente impegnativa.
Il grosso dello scenario di quello che è successo già c’è: una fuoriuscita di carburante sul lato anteriore della pensilina dovuta “alla chiara inosservanza delle rigide procedure previste”, una “scellerata condotta” le cui conseguenze “non potevano non essere valutate dal personale” che si trovava sul posto. Di più: il fatto che fosse presente un’attività di manutenzione avvalora “l’ipotesi che vi siano state condotte connesse al disastro”.
I due operai della Sergen stavano lavorando alla rimozione di alcune valvole e di tronchetti per mettere in sicurezza una “linea di benzina dismessa da anni”. Una manutenzione straordinaria proprio nelle vicinanze delle pensiline disintegrate dall’esplosione, negli stessi momenti come ha riferito il conducente di una delle autocisterne presenti.
Intanto finisce sotto la lente di ingrandimento l’ultima ispezione triennale di Arpat, nel 2023, nello stabilimento Eni, conclusa con la “formalizzazione dei rilievi e misure integrative sia sui sistemi tecnici che su quelli organizzativi e di gestione”, come ha riferito il viceministro all’Ambiente. Come si è tradotto, nei fatti, questo appunto? Lo dirà l’inchiesta. (nadia tarantino)
Esplosione Calenzano, a ottobre la ‘denuncia’ di una delle vittime: “Continue anomalie sulla base di carico”. Altre perquisizioni
Con una lettera al datore di lavoro Vincenzo Martinelli segnalava il mafunzionamento di una pensilina e chiedeva i nomi dei responsabili della sicurezza per avere un confronto. La procura ha proceduto all'acquisizione di documenti negli uffici della ditta per la quale l'autotrasportatore lavorava. Concluse le autopsie sulle vittime
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