L’emergenza legata all’abbandono dei rifiuti tessili sembra non trovare una soluzione: ogni giorno arrivano segnalazioni da parte dei cittadini con allegate foto di gore, campi e piazzole utilizzate come discariche abusive a cielo aperto.
Un fenomeno che era stato in parte debellato ma che, negli ultimi tempi, è tornato a colpire in maniera molto forte intere porzioni del territorio pratese, in particolare quelle della zona sud. Cresciuti anche gli interventi delle forze dell’ordine, dall’inizio dell’anno sono stati nove i furgoni sequestrati dalla Municipale, in media ciascuno trasporta almeno 1,5 tonnellate di scarti, l’ultimo la scorsa settimana. Ma i sequestri, al momento, non sembrano essere sufficienti a fermare il fenomeno che, oltre a pesanti ripercussioni ambientali, ha anche costi che l’intera collettività si deve poi sobbarcare per lo smaltimento dei rifiuti, senza considerare le problematiche legate al deflusso delle acque, visto che spesso i rifiuti finiscono dentro corsi d’acqua o canali di scolo.
Il meccanismo è ormai noto: gli scarti provengono da ditte generalmente gestite da orientali, con il trasporto che viene affidato in cambio di cifre minime a nordafricani o a nomadi – persone che hanno poco da perdere anche se vengono scoperte – che a loro volta utilizzano furgoni anonimi e spesso in pessime condizioni, il cui eventuale sequestro rappresenta quindi un danno minimo.
Negli ultimi mesi il nucleo ambientale della Municipale ha notato che vengono arruolati anche pakistani e cittadini degli stati dell’Africa centrale, una vera e propria organizzazione che incessantemente si muove per il distretto tessile. Se i trasportatori vengono fermati con il carico o mentre stanno scaricando, scatta per loro la denuncia e il sequestro del mezzo. Molto più difficile risalire. invece, al proprietario degli scarti tessili.
Ad aggravare la situazione il fatto che dal 2019 per le aziende che hanno meno di dieci dipendenti non è più obbligatoria la compilazione del registro di carico e scarico dei rifiuti e questo potrebbe aver agevolato la pratica dell’abbandono. Le zone scelte sono oltre al Macrolotto 1 e 2, quelle a sud della città dove ci sono ancora campi, meno illuminazione e quindi è più facile abbandonare i sacchi neri. L’ultimo sequestro è stato fatto nella zona di Iolo, ma spesso arrivano segnalazioni anche dalla Bogaia, da Tobbiana e da Paperino e Castelnuovo. E proprio da qui, Martina Moffa ha inviato alla nostra redazione alcune foto di sacchi neri depositati all’interno delle gore e nei canali di irrigazione.



Da parte loro Alia e il Comune stanno cercando di ovviare al problema intensificando gli sforzi. Un aiuto arriverà dal progetto di ampliare la rete di videosorveglianza in tutti i Macrolotti, visto che al momento le telecamere sono solo sulle principali arterie. La scorsa settimana la sindaca Ilaria Bugetti ne ha parlato durante il Cospe in Prefettura, ma al momento il progetto è solo sulla carta e devono essere trovate le coperture finanziare.
Il nodo resta comunque quello di colpire alla testa, vale a dire quando i rifiuti stanno uscendo dall’azienda che li ha prodotti, facendo quindi ricadere su questa i costi di smaltimento. Una missione non facile e che prevede un capillare lavoro di “intelligence” in modo da agire a monte del problema. Per farlo servono mezzi e uomini con i relativi investimenti, pensando anche ad apposite task force sull’esempio di quanto fatto per la sicurezza. Agli enti preposti il compito di trovare il modo di reperire i finanziamenti, e di farlo anche in fretta, prima che la situazione diventi irrecuperabile.
Riproduzione vietata