Aprire l’azienda, accumulare ricchezza a più non posso, chiuderla quando alle porta bussa il fisco, aprirne un’altra. E così via. E’ il giochino delle ditte apri e chiudi, diventato oramai una costante nel distretto pratese. Nei giorni scorsi la procura ha chiuso le indagini preliminari a carico di nove cinesi accusati a vario titolo di evasione fiscale e omessa dichiarazione dei redditi. Per loro il giochino, durato venti anni, è stato particolarmente redditizio: oltre all’arresto di due imprenditori, la procura ha ottenuto anche il sequestro preventivo di beni e soldi per un valore di 5 milioni: dieci aziende, diciotto immobili, sette auto, conti correnti con depositi per oltre mezzo milione. L’inchiesta, una delle tante sulle illegalità economiche nell’imprenditoria cinese, è recente. Gli arresti sono di giugno 2024. Gli indagati sono difesi di fiducia dall’avvocato Olivia Nati del foro di Prato. Riflettori accesi sui due imprenditori e sui loro prestanomi e familiari.
“I due imprenditori – si legge in un comunicato della procura – hanno esercitato attività di impresa in costante evasione di imposta, avvalendosi di molteplici prestanome che si sono succeduti periodicamente e della collaborazione dei familiari nella conduzione delle aziende”.
Tutte individuali le ditte che cessavano di esistere subito dopo la notifica dei debiti erariali. Debiti di rilevante importo a cui la risposta era sempre la stessa: chiudere la ditta per aprirne un’altra con una diversa denominazione. La continuità aziendale e la tutela dei lavoratori è stata garantita dagli amministratori giudiziari nominati dal tribunale. Altre indagini sono in corso per risalire ad eventuali professionisti – commercialisti, consulenti del lavoro, tecnici – che potrebbero aver aiutato gli imprenditori.
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