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Distretto illegale cinese, Tescaroli in audizione al Senato: “Servono norme ad hoc per sconfiggere il sistema”. Dito puntato anche contro i ‘colletti bianchi’


Il procuratore di Prato ha parlato per oltre un'ora alla Commissione parlamentare d'inchiesta sulle condizioni di lavoro, sfruttamento e sicurezza sui luoghi di lavoro. Ampia e dettagliata panoramica sulle fasi in cui si sviluppano le tante sfaccettature dell'illegalità e ricette sui possibili interventi


Nadia Tarantino
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“Se l’apertura di una impresa comportasse oneri finanziari importanti, il sistema ‘apri e chiudi’ verrebbe rallentato, condizionato”. E’ una delle ricette che il procuratore della Repubblica di Prato, Luca Tescaroli, ha portato alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro, sfruttamento e sicurezza sui luoghi di lavoro per ridurre il formicaio di insegne cinesi che si accendono, si spengono, si riaccendono, si rispengono e così via in una scia infinita di evasione fiscale. Preceduto da una corposa relazione sulle tante sfaccettature dell’illegalità imprenditoriale, economica e finanziaria anche “supportata da professionisti e esponenti delle pubbliche amministrazioni”, il procuratore ha parlato per oltre un’ora. E ha disegnato una mappa con tante falle. Troppe falle che agevolano illegalità, arricchimenti e collusioni.
Tescaroli ha spiegato nel dettaglio come si muove, opera e prospera la “struttura imprenditoriale e criminale” cinese che caratterizza il ‘sistema  Prato’ e che trova nello sfruttamento del lavoro il suo coagulo. Le varie fasi: ingresso della materia prima senza il pagamento di imposte, dazi e Iva attraverso Grecia e Slovenia dove i controlli non sono efficaci; spostamento della materia prima in altri Paesi, in particolare Ungheria, senza pagare alcunché in virtù del ‘regime 42’ che permette di liberare il destinatario in Italia dall’obbligo di versare le imposte trasferendo tale onere, attraverso fatture fittizie, alla ditta – naturalmente fantasma – con sede all’estero; la materia prima alimenta le ditte apri e chiudi che producono “senza pagare tasse, falsando la concorrenza e mettendo fuori mercato chi rispetta le regole”. “Perno di tutto questo meccanismo – ha spiegato il procuratore – è lo sfruttamento del lavoro che si realizza attraverso l’ingresso e l’assunzione di dipendenti senza permesso di soggiorno, tenuti a lavorare anche fino a 15 ore al giorno tutti i giorni della settimana”. Un meccanismo complesso che però diventa poco più che un gioco da ragazzi con i giusti consigli di qualche commercialista, con le dritte di qualche professionista di turno, con il supporto di qualche consulente del lavoro che consente piena operatività all’imprenditore: “Quella cinese è una comunità chiusa al suo interno – le parole di Tescaroli alla Commissione parlamentare d’inchiesta – che però all’esterno si avvale di alcune categorie professionali e di esponenti della pubblica amministrazione come dimostrano le nostre inchieste”.
Una giostra che a Prato gira senza interruzione da anni, anzi decenni, realizzando un vorticoso giro di denaro nell’ordine di “miliardi di euro che vengono trasferiti in Cina tramite vere e proprie banche ed esponenti riconosciuti anche dalle organizzazioni criminali italiane”. Enormi montagne di soldi alzate per mezzo dell’esercito degli sfruttati composto, secondo le stime, da circa 15mila persone che questa ricchezza neppure la immaginano.
“La realtà pratese – ha spiegato il procuratore Tescaroli – è complessa sotto il profilo criminale con presenze differenziate che comprendono anche le organizzazioni italiane, mafia, camorra, ‘ndrangheta. Organizzazioni che riconoscono le criminalità straniere: quella cinese, ma anche quella nigeriana e quella albanese”.
Un intreccio di interessi protetti da ‘santo Profitto’ che trovano sbocco da una parte nelle maglie troppo larghe delle normative anche europee, dall’altra in quelle troppo strette delle normative nazionali e un po’ nella mancata collaborazione della Repubblica popolare cinese che “non abbiamo avuto” . Gli esempi: dentro il perimetro Europa “armonizzare le regole sull’Iva” per chiudere le scappatoie e eliminare i passaggi di convenienza, in Italia “adeguare gli strumenti legislativi alle attuali necessità estendendo anche ai cittadini stranieri la protezione prevista per i collaboratori e i testimoni di giustizia così da continuare a penetrare il muro di omertà come già si è cominciato a fare tramite significative collaborazioni da parte di cinesi e pakistani, anche loro vittime di sfruttamento”.
Il procuratore ha toccato temi che, se affrontati in sede comunitaria, potrebbero riflettersi qui: “Più attenzione sulle merci in ingresso in Europa e un rafforzamento dei controlli attraverso la creazione di uno strumento informatico unitario per evitare il flusso di documentazione fittizia tramite cui importare merci senza una identificazione certa e immediata del destinatario. Se ci fosse la possibilità di controlli più rigorosi si potrebbero fare passi in avanti”. Sì, perché si spezzerebbe il primo anello della catena e con quello i successivi: rendere più difficile e soprattutto vincolare a pagamenti certi l’introduzione di merci. Fin quando la materia prima arriverà senza problemi e praticamente senza costi (tessuti, ma non solo si badi bene), il ‘sistema Prato’ continuerà a crescere.

Tescaroli ha infine parlato del progetto ‘Lavoro sicuro’ per dare alla Commissione il risultato di una esperienza di repressione e contrasto all’illegalità prettamente pratese: “Una buona iniziativa nata sulla scorta dell’incendio in una fabbrica che provocò la morte di diversi operai – ha detto – gli effetti sono positivi: dal primo luglio 2023 al 30 giugno 2024 sono stati iscritti 885 nuovi procedimenti per violazioni sulla sicurezza sul lavoro. La maggior parte delle ditte controllate sono cinesi”. Il procuratore, per rafforzare al massimo la lotta all’illegalità nel distretto ha chiesto aiuto ai vertici della guardia di finanza, dei carabinieri e della polizia: “La finanza ha risposto con sette nuovi ispettori, la polizia con tre ispettori e due assistenti in forza alla Squadra mobile, mentre ho organizzato il mio ufficio con una nuova sezione dedicata alla criminalità cinese e composta da un nucleo per i reati economici e finanziari, da uno per i reati di violenza, e da un altro per i reati inerenti l’immigrazione, così facendo – ha detto Tescaroli – ho voluto dare uno strumento più adeguato, rispetto al passato, per incidere in questa realtà criminale”. Insieme a ciò, il procuratore ha sottolineato la carenza di interpreti che sono fondamentali per le tante attività di intercettazione: “Gli idiomi sono tanti così come le forme dialettali, non è facile trovare interpreti affidabili e non legati alla realtà che indaghiamo. Abbiamo riscontrato un certo timore a rendersi disponibili per l’attività di interpretariato. C’è un albo formato da interpreti che arrivano anche dall’Umbria e dall’Emilia Romagna, ma continuiamo a scontrarci con questa mancanza”. (nadia tarantino)

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