Ci sono voluti sette anni e mezzo per arrivare ad un primo punto definitivo nella vicenda del crac della Banca Popolare di Vicenza. Buone notizie per gli ex azionisti costituiti parte civile, un migliaio in tutta Italia: nella tarda serata di ieri, martedì 8 aprile, la Cassazione ha riconosciuto e confermato il risarcimento dei danni e la provvisionale nella misura del 5 per cento dell’importo nominale del valore delle obbligazioni o azioni acquistate. Un centinaio gli ex azionisti pratesi che hanno condotto la loro battaglia avvalendosi degli avvocati Francesca Meucci e Francesco Querci il cui lavoro non è però ancora finito: una volta che saranno depositate le motivazioni, i due legali valuteranno se agire o meno in via esecutiva nei confronti dei condannati per il recupero intanto delle somme da incassare in via provvisionale e delle spese legali che sono state liquidate e se promuovere o meno ulteriori azioni nei confronti degli effettivi responsabili civili.
Sul banco degli imputati, e dopo la pronuncia della Suprema corte, ieri alle 23.30, condannati in via definitiva, i vertici dell’istituto di credito naufragato lasciando a mani vuote i suoi azionisti e risparmiatori: 3 anni e 5 mesi al presidente della Bpvi Giovanni Zonin e al vice direttore generale Andrea Piazzetta (6 anni e mezzo in primo grado e 3 anni e 11 mesi in Appello); pene ridotte anche per Emanuele Giustini (6 anni e 3 mesi in primo grado e 2 anni e 7 mesi in secondo) e per Paolo Marin (6 anni nel processo di primo grado, 3 anni e 4 mesi in quello di Appello); annullata con rinvio alla Corte d’Appello di Venezia la posizione del dirigente Massimiliano Pellegrini, assolto in primo grado e condannato in secondo a 3 anni e 11 mesi.
La vicenda risale al 2014-2015. Tanti i risparmiatori che si ritrovarono senza soldi dopo aver acquistato le azioni della banca convinti di far crescere il loro patrimonio. Non fu un affare, decisamente non lo fu.
Un procedimento lungo, delicato, complicato, complesso con anche l’intervento della Corte costituzionale a proposito della obbligatorietà della confisca, anche per equivalente, di tutti i beni utilizzati per commettere un reato societario.
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