Millecinquecento ore di lavoro di pubblica utilità, pena, come prevede la legge Cartabia, sostitutiva di quella tradizionale. Finisce così la vicenda giudiziaria sullo scambio di favori che, a maggio 2024, portò all’arresto di Sergio Turini, ex comandante della Compagnia dei carabinieri di Prato (2 anni e 4 mesi la pena convertita in ore di lavoro sociale), e di Riccardo Matteini Bresci, ex amministratore del Gruppo Colle, una delle aziende tessili più in vista del distretto pratese, e con incarichi di grande rilievo in Confindustria Toscana nord (2 anni e 2 mesi).
Il giudice delle udienze preliminari del tribunale di Firenze, Francesca Scarlatti, ha accolto oggi, mercoledì 5 febbraio, la proposta di patteggiamento degli avvocati Giovanni Renna (per Turini) e Pier Matteo Lucibello (per Matteini Bresci). Il tribunale ha incluso anche una serie di prescrizioni tra le quali non accompagnarsi a pregiudicati, mostrare ogni volta che si presenta la necessità il dispositivo del tribunale e, il più afflittivo, l’obbligo di soggiorno in Toscana.
Corruzione l’accusa per entrambi a cui, per l’ex carabiniere, si sono aggiunte quelle per accesso abusivo al sistema informatico in uso alle forze dell’ordine e per peculato. A sostenere l’accusa i pubblici ministeri Lorenzo Gestri e Lorenzo Boscagli.
Pesanti le imputazioni che aprirono le porte del carcere per Sergio Turini e misero ai domiciliari Matteini Bresci. Con loro, davanti al giudice, anche Roberto Moretti, investigatore privato di Torino, anche lui imputato per corruzione e anche lui inserito – ha sempre sostenuto la procura – in un sistema di favori. Moretti, difeso dall’avvocato Alberto Rocca, ha scelto il rito abbreviato: un anno e 9 mesi (pena sospesa) la condanna inflitta dal giudice (2 anni e 8 mesi la richiesta dell’accusa).
Fu la Direzione distrettuale antimafia a chiedere e ottenere le misure cautelari dopo essere incappata, durante intercettazioni telefoniche di una indagine sull’illegalità nel mondo imprenditoriale cinese, in conversazioni sospette tra l’allora tenente colonnello dei carabinieri e l’imprenditore, e tra lo stesso carabiniere e l’investigatore privato.
I successivi approfondimenti fecero emergere una fitta tela di favori: il comandante della Compagnia dei carabinieri che interrogava o faceva interrogare da un suo sottoposto la banca dati in uso esclusivo alle forze dell’ordine per reperire le informazioni chieste dall’imprenditore in cambio di un viaggio negli Stati Uniti per il figlio. Informazioni estrapolate dal sistema anche per passare lavoro all’amico Moretti in cambio, stavolta, di due bottiglie di vino di particolare pregio. Ecco che Sergio Turini, nel patteggiamento, ha incluso anche il pagamento di 5mila euro come controvalore del viaggio e del vino.
Gli arresti di Turini e di Matteini Bresci furono un vero e proprio terremoto anche per i temuti strascichi frutto delle intercettazioni telefoniche. Oggi la vicenda è arrivata ai titoli di coda. (nt)
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