Quasi trenta chili di hashish e più di 25 di marijuana che avrebbero prodotto qualcosa come 300mila dosi in tutto se non fosse arrivato in tempo il sequestro. Numeri da capogiro che, nel 2022 e nel 2024, hanno portato alla condanna, rispettivamente di primo e secondo grado (tribunale di Prato e Appello di Firenze), dell’uomo arrestato con l’accusa di detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti. La vicenda, però, non si è conclusa con l’Appello perché l’imputato, albanese di 29 anni, ha presentato ricorso chiedendo ai giudici della Cassazione di valutare l’addebito delle circostanze aggravanti relative all’ingente quantità. Attraverso il proprio avvocato, l’uomo ha contestato la valutazione operata dai giudici sia del tribunale di Prato che dell’Appello di Firenze con riferimento “soltanto al dato ponderale” e non all’incidenza del principio attivo sul peso lordo. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile: la Corte Suprema, infatti, ha parlato di “numero di dosi ricavabili oggettivamente rilevante”, ma anche di principio attivo presente di gran lunga sopra la soglia massima consentita per evitare l’aggravante. Insomma, niente da fare: nessun nuovo processo di Appello e dunque nessuno sconto di pena e, anzi, il pagamento delle spese processuali e di 3mila euro di ammenda.
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