Categorie
Edizioni locali

BuzziLab, Erminio Serniotti rompe il silenzio: “Otto anni d’inferno, ma giustizia è fatta”


L’ex preside del Buzzi per la prima volta parla delle sue vicissitudini giudiziarie dopo anni di accuse finite con l'assoluzione e chiarisce la nascita, il valore e la fine del BuzziLab: “Era un patrimonio per la scuola e per la città”.


Alessandra Agrati


Assolto definitivamente dalla Corte dei Conti d’Appello di Firenze, che ha stabilito la piena regolarità della gestione del BuzziLab, laboratorio di analisi chimiche e tessili dell’Istituto Tecnico “Tullio Buzzi”, l’ex preside Erminio Serniotti racconta per la prima volta la sua verità a Notizie di Prato.
“Non mi sono mai difeso sui giornali – dice – ho scelto di difendermi nel processo, non dal processo. Ma ora, dopo otto anni di silenzio e sofferenza, posso dire che giustizia è fatta. Anche se nulla potrà restituire a me e a mia moglie, che non c’è più, gli anni perduti”.

Serniotti, perché ha deciso di parlare solo adesso?
“Perché solo adesso ho avuto giustizia. Dopo anni di accuse e sospetti, la sentenza d’appello del 25 luglio 2025 ha chiarito che la gestione del laboratorio era del tutto regolare. Ho taciuto per rispetto della magistratura e per non alimentare polemiche. Ma ora posso restituire dignità alla scuola, alla città e anche a me stesso”.

Lei era accusato di aver gestito irregolarmente i compensi. Di cosa si trattava esattamente?
“L’accusa sosteneva che i compensi al personale del BuzziLab – docenti, tecnici e me come dirigente – fossero illegittimi, quasi fossero soldi sottratti alla scuola. In realtà tutto era trasparente: i compensi erano deliberati dal Consiglio d’Istituto, registrati nei bilanci e sottoposti alle verifiche dei Revisori dei conti, che per anni non avevano sollevato alcuna irregolarità.
Parliamo di percentuali fra il 35% e il 40% dei ricavi del laboratorio, che negli anni erano saliti da 1 a 5-6 milioni di euro.Il resto andava direttamente alla scuola”.

Su quale norma si basava la legittimità di quei compensi?
“Tutto nasce dalla circolare ministeriale 780 del 1978, che regolava le attività “in conto terzi” degli istituti tecnici. Stabiliva che una parte dei ricavi potesse essere distribuita al personale che lavorava ai progetti.
Quella norma non era nuova né segreta: era stata applicata dai miei predecessori, i presidi Miraglino e Rossi, ben prima del mio arrivo al Buzzi. Io stesso ne ho trovato copia negli archivi solo quando fui accusato: risaliva a quando la scuola riceveva ancora le circolari in cartaceo dal Ministero.
L’accusa della Corte dei Conti riteneva del tutto illeciti i compensi perché non si era preoccupata di cercare quella circolare, ma già la sentenza di primo grado aveva stabilito che è tuttora valida e si integra con il Regolamento di contabilità del 2001. In sostanza, non solo i compensi erano leciti, ma senza di essi il laboratorio non avrebbe potuto esistere: nessuno lavora gratis in un’attività tanto complessa e qualificata”.

Nel 2023 ero comunque stato condannato a risarcire addirittura 1 milione di euro…
Sì, una somma rilevante che non so proprio come avrei potuto restituire.  Ma la prima sentenza rilevava un danno erariale perché nel calcolare i compensi che in modo legittimo si potevano distribuire applicava la circolare in modo clamorosamente errato (per esempio dimenticandosi di tenere conto del passaggio dalle lire del 1978 all’euro e anche di 40 anni di inflazione).   Sono conteggi complicati da condensare in un’intervista, ma credetemi la Corte dei Conti ha clamorosamente sbagliato a fare i “conti”!   Sembra una barzelletta!  Applicando invece correttamente la circolare si sarebbe già allora concluso che non c’era stato alcun danno.

Cosa rappresentava il BuzziLab per la scuola?
“Era il cuore pulsante dell’istituto. Con le sue entrate la scuola riusciva a fare ciò che i fondi pubblici non permettevano.
In sette anni abbiamo investito oltre 1,5 milioni di euro in migliorie strutturali e didattiche: ristrutturato intere ali del Buzzi per accogliere il raddoppio degli iscritti (da 1.050 a oltre 2.000 studenti), coperto il campo sportivo esterno, messo a norma i laboratori di chimica, meccanica e tessile, acquistato macchinari didattici e informatici all’avanguardia, realizzato il nuovo laboratorio “Energia”, potenziate le reti digitali e il registro elettronico, finanziate borse di studio e progetti extracurricolari, integrato con oltre 200 mila euro i fondi per la contrattazione d’istituto. Grazie al laboratorio, il Buzzi è diventato una scuola ambita, con studenti preparatissimi, spesso vincitori delle Olimpiadi della Chimica e ai primi posti nella classifica Eduscopio della Fondazione Agnelli”.

E per la città di Prato, quale ruolo aveva?
“Il BuzziLab era una colonna portante del distretto tessile. Analizzava materiali, coloranti e prodotti per centinaia di aziende, forniva certificazioni di qualità, consulenze ambientali e studi di sicurezza.
Collaborava con la Guardia di Finanza, le Dogane, i Vigili del Fuoco, la Regione Toscana, Greenpeace, la Camera della Moda, perfino con il Ministero della Salute.
Era un punto di riferimento pubblico per l’industria, sinonimo di serietà e competenza. Dopo la sua chiusura, le aziende sono rimaste senza un interlocutore imparziale: oggi devono rivolgersi a laboratori privati, spesso fuori regione”.

Lei aveva proposto di trasformare il BuzziLab in una Fondazione. Perché?
“Perché il laboratorio era cresciuto oltre la dimensione di una normale attività scolastica. Già nel 2016 avevamo capito che serviva una veste giuridica autonoma per evitare ambiguità e dare continuità al progetto.
L’idea era creare una Fondazione di diritto pubblico, con la scuola come unico fondatore e beneficiario. Tutte le attrezzature, del valore di diversi milioni di euro, sarebbero rimaste di proprietà del Buzzi, ma la Fondazione avrebbe potuto assumere personale specializzato e stipulare contratti direttamente con le aziende, garantendo così maggiore flessibilità amministrativa”.

Il progetto era già approvato?
“Sì. L’allora direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale, Domenico Petruzzo, o meglio il suo sostituto Pagliazzi dopo il suo pensionamento, nel gennaio 2019 diede parere favorevole scritto, definendola una “soluzione opportuna e urgente per salvaguardare un’eccellenza”.
Avevamo coinvolto consulenti, giuristi, commercialisti, il notaio Massimo Palazzo e perfino il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi. Ma dopo il pensionamento di Petruzzo e l’arrivo del nuovo direttore, Ernesto Pellecchia, tutto si bloccò”.

E cosa accadde poi?
“Da quel momento il clima cambiò. Si passò dalla collaborazione alla diffidenza. Dopo mesi di solleciti e tentativi di mediazione, tutti documentabili, arrivò la decisione più drastica: la chiusura del laboratorio. Il 12 agosto 2019, proprio pochi giorni prima del mio pensionamento, fu disposta l’interruzione di ogni attività “incompatibile con la natura scolastica dell’istituto”. Era la fine di una storia iniziata nel 1896”.

Che ruolo ebbe il nuovo dirigente Marinelli?
“Appena nominato preside del Buzzi, avrebbe potuto riaprire un dialogo. Invece, il giorno stesso del suo insediamento firmò la circolare che chiudeva il laboratorio e revocava tutti gli incarichi.
Non credo sia stata una scelta autonoma, ma l’esecuzione di una decisione già presa a livello regionale. Con quella firma, il BuzziLab cessò di esistere”.

Cosa resta di quella vicenda?
“Resta l’amarezza per una grande occasione perduta. Il BuzziLab era un bene comune, pubblico e utile. E’ stato smantellato proprio quando funzionava meglio e dava prestigio a tutta Prato.  E un’eccellenza del settore pubblico è stata sostituita, proprio a poche centinaia di metri, da un laboratorio privato.  Un vero sberleffo.
Ma resta anche la soddisfazione di essere stato assolto e riconosciuto innocente. Ho sempre agito con buonafede, per la scuola e non per me stesso. Oggi parlo anche per mia moglie, che mi è stata accanto fino alla fine e avrebbe voluto vedere questo giorno”.

Oggi il BuzziLab è chiuso, le sue strumentazioni – un patrimonio milionario – inutilizzate nei locali della scuola.
“È triste – conclude Serniotti – sapere che per una volta che il pubblico funzionava meglio del privato, la burocrazia abbia deciso di chiuderlo. Ma la mia coscienza è serena. Ho servito la scuola, non me stesso. E questa sentenza lo ha finalmente riconosciuto.”

alessandra agrati

Edizioni locali: Prato

CONSIGLIATI

logo_footer_notiziediprato
logo_footer_notiziediprato

Notizie di Prato

è una testata registrata presso il Tribunale di Prato
(N° 4 del 14/02/2009)
Iscrizione al Roc n° 20.901

Direttore responsabile: Claudio Vannacci

Editore: Toscana Tv srl

Redazione: Via del Biancospino, 29/b, 50010
Capalle/Campi Bisenzio (FI)

Notizie di Prato

è una testata registrata presso il Tribunale di Prato
(N° 4 del 14/02/2009)
Iscrizione al Roc n° 20.901

Direttore responsabile: Claudio Vannacci

Editore: Toscana Tv srl

Redazione: Via del Biancospino, 29/b, 50010
Capalle/Campi Bisenzio (FI)
©2024 Notizie di Prato - Tutti i diritti riservati
Powered by Rubidia