“Avrebbe festeggiato i suoi 27 anni e lo avrebbe fatto con il suo dolce preferito che io continuo a ordinare ogni anno da quando non c’è più. Era sempre contenta, passava il compleanno un po’ in famiglia e un po’ con le amiche. Buon compleanno a mia figlia”. A parlare è Emma Marrazzo, mamma di Luana D’Orazio, l’operaia morta il 3 maggio 2021 ad appena 22 anni, agganciata e trascinata via per sempre dall’orditoio al quale stava lavorando, nella OrdituraA in via Garigliano a Oste, la zona produttiva di Montemurlo. Luana è morta il giorno del compleanno della madre che da quel giorno ha aggiunto una priorità a quelle che già aveva: oltre alla famiglia e al nipotino che oggi ha 9 anni (figlio di Luana), Emma Marrazzo cerca verità e chiede giustizia per la figlia e per tutte le vittime del lavoro. “E’ una missione – dice – lo devo a Luana e a tutte quelle persone che non tornano dai loro cari dopo una giornata passata a fare il proprio dovere e a volte anche più del proprio dovere”.
Luana D’Orazio (nella foto il giorno del suo 22esimo compleanno, l’ultimo che ha festeggiato, il 30 giugno 2020) è diventata il simbolo delle ‘morti bianche’ ma dal 3 maggio a oggi non è cambiato niente: “E’ sempre la triste conta delle vittime – dice per l’ennesima volta Emma Marrazzo – ogni morto è un numero ma dietro ci sono storie, esistenze spezzate, vite finite, ci sono famiglie che smettono di vivere e cominciano a sopravvivere nel dolore che è una condanna all’ergastolo”.
Tra il 2021 e il 2024 in Italia sono stati 4.442 le morti sul lavoro e nei primi quattro mesi di quest’anno il bilancio sfiora quota 300. Una scia di lutto che non trova fine.
Emma Marrazzo da anni porta il volto di sua figlia nelle piazze e nelle scuole di tutta Italia ogni volta che può e che c’è occasione: “Parlo a tutti e chiedo che la sicurezza sul lavoro diventi il punto da cui partire – dice – non c’è lavoro dignitoso senza sicurezza, non è un Paese civile quello che registra così tante vittime”.
A casa della famiglia D’Orazio oggi è arrivato un regalo: una pergamena con una poesia scritta da Giuseppe Maurizi e dedicata a Luana: “La macchina tessile gira veloce, artiglia Luana, cadavere la riduce. Forte si è sentito l’urlo in tutto il comune di Montemurlo”, uno dei passaggi. Un altro: “Parte da Roma la bandiera tricolore, al vento garrisce, sotto ci sono tutte le istituzioni che riunisce. Tante erano le promesse seguite dall’ozio, una strada porta il nome della martire sul lavoro: Luana D’Orazio”.
La casa di Emma Marrazzo parla di Luana in ogni angolo e oggi il numero 26 ha lasciato il posto al numero 27. Un mazzo di fiori spediti dagli zii che abitano in Calabria, il suo dolce preferito a forma di cuore, il suo volto nelle foto incorniciate e su un cuscino che è diventato il compagno preferito di suo figlio. “Condannati a vivere nel ricordo e nel dolore e a vedere il nome di Luana su una targa di una strada a Montemurlo”.
Con l’accusa di omicidio colposo e rimozione delle cautele antinfortunistiche i due titolari dell’orditura sono stati condannati con il patteggiamento a 2 anni e a un anno e 6 mesi (pena sospesa), mentre è alle battute finali il processo al terzo imputato, il tecnico che si occupava della manutenzione dell’orditoio. (nadia tarantino)
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