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Autotrasportatore ucciso a coltellate, al via il processo mentre spunta l’ipotesi di un omicidio su commissione


Alla sbarra due collaboratori dell'uomo trovato morto il 9 febbraio 2024 in un parcheggio nella zona industriale di Seano. L'accusa: omicidio volontario aggravato dai futili motivi. I due furono fermati su un treno diretto a Torino poche ore dopo la scoperta del cadavere


Nadia Tarantino


L’accusa è pesante: omicidio volontario aggravato dai futili motivi. Sul banco degli imputati Muhammad Chand e Muhammad Sufyan, 31 e 23 anni, entrambi pachistani, finiti in carcere dopo l’assassinio del loro datore di lavoro, Harpal Singh, autotrasportatore indiano di 59 anni. I due, difesi dagli avvocati Andrea Parlanti e Ivan Esposito, di nuovo in aula oggi, martedì 3 giugno, davanti ai giudici della Corte d’assise, nell’aula bunker di Firenze. Il processo è alle battute iniziali mentre ci sarebbe un’inchiesta parallela per fare luce su come è maturato l’omicidio e se sia stato portato a termine su commissione, forse per liberare una fetta di un mercato fiorente e redditizio come quello della spedizione delle merci. Una pista tutta da battere su cui gli inquirenti sarebbero al lavoro da qualche mese e che troverebbe un punto di appoggio in un fatto che risalirebbe a diversi anni fa, nel 2019, circa una forte pressione o intimidazione sulla vittima.
Harpal Singh fu ucciso a coltellate dopo una giornata di lavoro, nella zona industriale di Seano, ai piedi di Carmignano. Era molto conosciuto nel distretto e soprattutto  tra le aziende cinesi perché ogni settimana, da anni, arrivava da Gonzaga, il centro in provincia di Mantova nel quale guidava la comunità Sikh dopo aver fondato il primo tempio in Italia, e faceva il giro tra gli imprenditori per raccogliere la merce da spedire in tutta Europa. Il 9 febbraio dello scorso anno fu però il suo ultimo viaggio: la sera fu trovato morto in un parcheggio tra i capannoni. A dare l’allarme che l’uomo non si trovava e non rispondeva al telefono fu il figlio, suo più stretto collaboratore. All’appello mancavano i soldi in contanti, frutto della giornata passata a ritirare la merce da spedire, e soprattutto mancavano i suoi due aiutanti. Aiutanti che furono fermati su un treno diretto a Torino, con in tasca 4mila euro che, secondo gli investigatori, appartenevano all’autotrasportatore indiano. Il figlio della vittima raccontò però che l’uomo aveva molti più soldi, almeno 10mila euro, ma il resto non è stato mai trovato. Sulle spalle dei due pachistani pesarono subito diversi elementi: banconote intrise di sangue, intercettazioni telefoniche con frasi riferite alla morte dell’indiano, immagini delle telecamere puntate sul parcheggio e, dunque, sulla scena dell’aggressione.
Tornando all’inchiesta parallela, gli avvocati dei due imputati hanno confermato la nuova ipotesi investigativa collocandola, almeno ad ora, sullo sfondo dell’omicidio.
La comunità Sikh, legatissima al suo capo, sarà sempre presente con una rappresentanza al processo per chiedere giustizia per Harpal Singh e stabilire la verità sulla sua fine. (nt)

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Redazione: Via del Biancospino, 29/b, 50010
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