Una volta svuotato delle sue funzioni sanitarie e dunque – come dice la legge – degli scopi istituzionali, il ‘casermone’ del vecchio ospedale è diventato un immobile come un altro e, per questo, soggetto al pagamento dell’Imu. La Cassazione ha messo la parola fine al contenzioso tra la Asl Toscana Centro e il Comune di Prato che, tramite Sori, ha reclamato l’incasso dell’imposta dal 2014 in avanti, da quando cioè il fabbricato ha smesso di essere Misericordia e Dolce in seguito all’apertura del nuovo ospedale. La sentenza fa riferimento al 2014 e al 2015: ben oltre due milioni di euro l’ammontare dell’Imu. Una prima partita a cui ne seguiranno altre per le annualità successive fino alla demolizione, cioè fino al 2020.
L’azienda sanitaria è arrivata fino al terzo grado di giudizio dopo che la Corte di giustizia tributaria di Appello aveva ribaltato la precedente sentenza. L’Imu è dovuta e su questo non ci sono più dubbi. La Cassazione ha richiamato il decreto legislativo del 2011 sul federalismo fiscale municipale che non lascia spazio alle interpretazioni: “Sono esenti dall’imposta – dice la norma – gli immobili di proprietà pubblica destinati a funzioni istituzionali, compresa quella sanitaria”. La domanda è: nel 2014 l’edificio era ancora un ospedale? Risposta: no, dunque l’Imu va pagata.
All’attenzione dei giudici è stata posta tutta la parte relativa all’accordo tra Asl Toscana centro e Comune di Prato per la destinazione dell’area libera dopo l’abbattimento del fabbricato, ma neppure una virgola ha inciso sull’andamento del contenzioso: parco pubblico, volumi destinati a residenziale, commerciale, terziario o altro, proprietario tizio o caio, nulla è importato perché resta un unico fatto e cioè che senza presidio ospedaliero viene meno l’esenzione Imu.
La Asl Toscana centro è stata condannata a pagare le spese di giudizio, compresi 14mila euro che la Sori ha sborsato per il proprio avvocato.
Riproduzione vietata