A Prato sono diciannove le Rsa con 920 posti accreditati, cento le persone in lista d’attesa, per 600 ricoverati la quota sanitaria è a carico dell’Asl, per 320 la retta è completamente pagata dalle famiglie, le ore annue (calcolate ogni 40 pazienti) previste per gli operatori socio sanitari sono 32.680, quelle degli infermieri 6.500. I letti riservati ai malati di Alzheimer sono 10 nella Rsa la Melagrana a fronte di una platea di 3.000 persone certificate, ma dopo l’emergenza Covid continuano ad essere utilizzati per le cure intermedie. Numeri illustrati dall’assessore al sociale Sandro Malucchi in commissione 5 dove, su richiesta della presidente Rosanna Sciumbata, è stato affrontato anche il problema delle quote pagate dai familiari dei malati da Alzheimer per i ricoveri nelle Rsa .
“Il punto di partenza – spiega Sciumbata – è che si tratta di una malattia e, quindi, la quota della degenza deve essere completamente a carico del Sistema sanitario nazionale. Da qui l’appello alla politica a fare pressione sulla Regione, visto che iniziano ad esserci, soprattutto in Veneto, alcune sentenze che danno ragione alle famiglie”.
Cause che iniziano pure a Prato, anche se con un percorso lungo e spesso oneroso. “Il fondamento da cui si parte – ha spiegato l’avvocato Silvia Impalli invitata dalla presidente in Commissione – è quello dell’ articolo 32 della Costituzione: il diritto alle cure. Il tribunale di Firenze si è pronunciato a sfavore, ma la sentenza è stata ribaltata in Appello, stesso iter per un caso pratese per cui i primi di dicembre è atteso il verdetto di secondo grado. Per ora si tratta di casi singoli, ma è fondamentale che le famiglie siano a conoscenza di questa possibilità. Inoltre, sempre più spesso, vengono fatti firmare atti di assunzione da parte delle Rsa in cui si obbliga a atti di assunzioni di pagamenti che in quest’ottica non sono dovuti”. Un quadro, normato dalla legge regionale 41, in cui muoversi è difficile. “Probabilmente – ha spiegato Malucchi- le Rsa non sono il luogo adatto per questi malati, visto che la vocazione di queste strutture è più di tipo sociale che sanitario. All’interno dei comitati di gestione delle Case della salute ci si inizia a muovere verso una modifica della legge regionale, la parte politica sostiene questo cambiamento”.