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A Prato un contribuente ogni quattro è di origine straniera ma il loro reddito medio è nettamente inferiore a quello dei pratesi


Lo dice il rapporto della Fondazione Leone Moressa sull'economia dell'immigrazione che conferma la nostra provincia come quella con il tasso più alto di residenti stranieri


Nadia Tarantino


Il 21,5 per cento dei residenti nella provincia di Prato è straniero: 55.570 su un totale di 259.244. E’ in assoluto l’incidenza più alta non solo in Toscana ma in tutta Italia: a Roma, per esempio, la percentuale si ferma al 12 per cento (circa 510mila stranieri residenti su poco più di 4 milioni 220mila), a Firenze è al 13 per cento (128mila gli stranieri su 988mila residenti), a Milano al 14,7 per cento (475mila su una popolazione di oltre 3 milioni 200mila). Numeri che, va detto per completezza di informazione, tengono conto solo degli stranieri regolari e, dunque, lasciano spicchi fuori dal fascio di luce. E’ solo uno dei dati contenuti nell’ultimo Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione redatto dalla Fondazione Leone Moressa e presentato al Viminale e alla Camera dei deputati.
Lo studio, che prende in esame il 2023, ha passato in rassegna una ad una tutte le regioni e tutte le province. Il risultato dice che i 5 milioni 100mila stranieri residenti in Italia rappresentano l’8,7 per cento della popolazione e che l’incremento è già scritto e appare inarrestabile: mentre tra gli italiani, ogni mille abitanti, si registrano 6 nati e 13 morti, tra gli stranieri di nati se ne registrano 10 e di morti 2.
L’esercito degli stranieri cresce e detta il passo all’economia. Nell’area pratese, per esempio, gli imprenditori nati all’estero sono 11.393, il 26,3 per cento del totale con una variazione, tra il 2013 e il 2023, di +30,2 per cento. Altrove, nel centro Italia, non si rilevano incidenze più alte nel rapporto tra numero complessivo degli imprenditori e fetta straniera (Firenze non arriva al 16 per cento e Roma neppure al 15). I settori nei quali si parla più straniero sono, a Prato come altrove in Italia, manifatturiero, costruzioni, commercio e ricettivo/ristorazione.
I contribuenti stranieri, continuando a guardare il panorama pratese, sono 49.154, vale a dire il 24,7 per cento del complessivo. Come nel resto d’Italia, anche a Prato il reddito medio annuo è più basso di quello degli italiani: 16.210 contro 25.510. L’Irpef media degli immigrati è 2.920 euro per un totale di 112 milioni.
Il Pil italiano – dice il rapporto della Fondazione Leone Moressa – è costituito per l’8,8 per cento dai lavoratori immigrati con punte nel settore dell’agricoltura e delle costruzioni che insieme fanno più del 30 per cento. Merito di un mercato del lavoro che nel 2023 ha accolto quasi due milioni e mezzo di stranieri, oltre il 10 per cento di tutti gli occupati. Anche in questo caso, la prospettiva è di crescita perché stando all’attuale andamento, nel quinquennio 2024-2028 le imprese italiane avranno bisogno di qualcosa come 3 milioni di nuovi occupati (al netto della pubblica amministrazione) e, di questi, quasi 650mila saranno stranieri. E’ la Toscana, insieme al Trentino Alto Adige, a reclamare la percentuale più alta di immigrati sul fabbisogno occupazione complessivo: il 31 per cento.
Lavoro significa poter mantenere i requisiti che la normativa prevede per la permanenza regolare ma anche sostenere la famiglia in patria: in tutto, nel 2023, gli immigrati hanno spedito dall’Italia oltre 8 miliardi di euro che arriverebbero a 12 se si considerano i trasferimenti non tracciati (fatti a mano). Che vuol dire? Vuol dire che ogni immigrato manda a casa in media 133 euro. Importi che vengono ampiamente quadruplicati dai cittadini bengalesi che alla famiglia fanno arrivare 560 euro al mese e triplicati dai pachistani che a casa mandano 400 euro.
Sorpresa: tra le prime dieci nazionalità per rimesse inviate dall’Italia, non c’è traccia dei cinesi che pure rappresentano, nella classifica imprenditoriale, la seconda etnia più numerosa dopo quella romena. I più bravi a risparmiare sono, dopo bengalesi e pachistani, i filippini seguiti da marocchini, georgiani, romeni, indiani, senegalesi, peruviani e cingalesi.  
Nel grande mare dei dati, ne galleggia uno che offre uno spunto interessante: tra gli immigrati, il saldo per lo Stato tra entrate e spesa è positivo per un miliardo 200milioni. Per spiegare meglio: gli immigrati in età lavorativa hanno un basso impatto sulle voci di spesa pubblica come sanità e pensioni e, insomma, danno di più di quanto consumano. (nadia tarantino)   

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Direttore responsabile: Claudio Vannacci

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Redazione: Via del Biancospino, 29/b, 50010
Capalle/Campi Bisenzio (FI)

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