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Tragedia orditura, la procura ha chiuso le indagini: ecco come è morta Luana


Sono tre gli indagati, tutti accusati di omicidio colposo e rimozione delle cautele antinfortunistiche. Secondo gli accertamenti della guardia di finanza con la saracinesca alzata l'orditoio avrebbe incrementato la sua produttività dell'8 per cento


Redazione


Quando Luana D'Orazio è stata agganciata e inghiottita, l'orditoio, privo della saracinesca di protezione, girava a velocità sostenuta e si è fermato solo quando qualcuno che era lì vicino ha staccato l'interruttore. Da quando il corpo è stato tirato via a quando il macchinario è stato bloccato sono passati pochissimi secondi, sufficienti però a fare della giovane mamma, 22 anni appena, l'ennesimo morto sul lavoro. Sarebbe questa, a grandi linee, la dinamica dell'infortunio che lo scorso 3 maggio è costato la vita all'operaia dell'Orditura Luana, azienda con sede in via Garigliano a Oste. A cinque mesi dalla tragedia, l'inchiesta è chiusa e nelle prossime ore saranno notificati gli avvisi. Tre gli indagati, tutti accusati di omicidio colposo e rimozione delle cautele antinfortunistiche: i coniugi Luana Coppini e Daniele Faggi, titolare e gestore di fatto dell'azienda (avvocati Alberto Rocca e Barbara Mercuri), e Mario Cusimano, tecnico addetto alla manutenzione del macchinario (avvocato Melissa Stefanacci). Per loro venti giorni di tempo, dalla notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, per chiedere, se lo vorranno, di essere sentiti dal magistrato o, in alternativa, per presentare memorie difensive.
L'ipotesi emersa nelle prime ore dell'indagine, e cioè la manomissione dell'orditoio per fare in modo che funzionasse anche a saracinesca sollevata, e dunque senza la protezione tra il subbio e il lavoratore, aveva già trovato conferma ed è il punto centrale dell'accusa che, attraverso altre verifiche, ha ricostruito i vari livelli di responsabilità degli indagati.
L'ingegnere Carlo Gini, a cui la procura ha affidato il compito di esaminare il macchinario per ricostruire la dinamica dell'infortunio, avrebbe rilevato un'ulteriore anomalia: la presenza, al sistema di comando, di una staffa sporgente a cui l'operaia sarebbe rimasta attaccata con la manica della maglia e, da qui, risucchiata dagli ingranaggi. Sarebbe questo il motivo per il quale, durante le indagini, si è parlato a più riprese dell'abbigliamento che la giovane indossava il giorno della tragedia, abbigliamento – è stato detto – non conforme alla mansione che, invece, avrebbe richiesto un camice attillato, privo di lembi svolazzanti proprio per evitare il rischio di impigliamento con le parti in movimento del macchinario.
La procura ha anche ordinato un accertamento utile a misurare gli effetti della manomissione sulla produttività e redditività del macchinario. La guardia di finanza ha lavorato diverse settimane stabilendo, pare, che a saracinesca alzata l'orditoio avrebbe incrementato la sua produttività dell'8 per cento senza però riuscire a dire se e di quanto sarebbe aumentato il fatturato. Non è escluso che consentire al macchinario di funzionare anche senza la protezione antinfortunistica, servisse solo a rendere più fluido il lavoro senza che ciò rivestisse un particolare interesse economico.

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