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Sfruttamento del lavoro, confermato il sequestro dei beni degli imprenditori arrestati


Il blocco riguarda una villetta, soldi in contanti, due furgoni e un centinaio di macchine per cucire. Attesa per la decisione del Riesame sulle scarcerazioni rispetto alle quali la procura si è opposta


Redazione


Restano sequestrati i beni di She Jinquan, esponente di una delle associazioni cinesi che hanno rapporti con le istituzioni cittadine, del figlio Menjnan e della moglie Zhuang Lifang, arrestati dai carabinieri lo scorso 6 ottobre, assieme al fratello della donna, con l'accusa di sfruttamento della manodopera e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Il tribunale ha confermato il provvedimento dei sostituti Lorenzo Gestri e Vincenzo Nitti che, a fronte dell'evasione fiscale accertata dalla guardia di finanza nel corso delle indagini sulle ditte che padre e figlio avevano intestato ad un prestanome, anche lui arrestato, ha congelato in via preventiva una villetta in via delle Fonti, 15mila euro in contanti, due furgoni e cento macchine per cucire, molte delle quali nuovissime. Una conferma che rafforza l'ipotesi investigativa di un considerevole giro di imprese tenute in vita dagli imprenditori giusto il tempo di accumulare ricchezze senza dover fare i conti con il fisco e senza dover rispondere di responsabilità relativamente allo sfruttamento di operai in stato di bisogno o di qualsiasi altro illecito. La guardia di finanza e i carabinieri hanno ricostruito il castello di aziende aperte e chiuse dal 2014 ad oggi. Un castello che avrebbe trovato un ancoraggio nelle dichiarazioni rilasciate durante l'interrogatorio di garanzia dal prestanome, anche lui arrestato e successivamente messo all'obbligo di firma, difeso dall'avvocato Giuseppe Nicolosi. In carcere sono rinchiusi padre, figlio e il loro parente: l'avvocato Alessandro Oliva che li difende, ha chiesto al Riesame la scarcerazione o attenuazione della misura cautelare; la procura si è detta contraria, la decisione arriverà a breve. Per la donna, invece, gli arresti domiciliari erano già stati revocati per consentire la gestione dei figli più piccoli.
L'inchiesta avrebbe accertato l'impiego di circa 45 operai cinesi e bengalesi, tra i quali una minorenne, una donna incinta e un uomo malato, sfruttati nelle confezioni di cui padre e figlio erano – dicono gli investigatori – gestori occulti. Operai pagati circa 500 euro al mese per giornate di lavoro lunghe anche 15 ore con brevissime pause per consumare i pasti. Attività di lavoro documentata dagli inquirenti entrati in azione in seguito ad un controllo di routine compiuto dalla Asl nell'ambito del progetto Lavoro sicuro.

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è una testata registrata presso il Tribunale di Prato
(N° 4 del 14/02/2009)
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Direttore responsabile: Claudio Vannacci

Editore: Toscana Tv srl

Redazione: Via del Biancospino, 29/b, 50010
Capalle/Campi Bisenzio (FI)

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