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Processo Creaf, finita la deposizione fiume del curatore fallimentare


Il commercialista Leonardo Castoldi per quattro udienze ha ricostruito tutta la vita e la morte del progetto: "Ho provato a vendere l'immobile ma se non si faceva avanti la società della Regione era impossibile trovare un acquirente"


Redazione


“Con notevole coraggio ha messo la parola fine, c'è da dire che ha proposto un improponibile concordato al tribunale ma almeno ha posto all'attenzione il problema di un progetto mai decollato”. Il coraggio è quello di Laura Calciolari, ultimo amministratore del Creaf, progetto mai decollato nonostante i 22 milioni di finanziamenti pubblici ricevuti tra il 2005 e il 2016. A parlare, davanti al giudice, è stato oggi, mercoledì 30 settembre, Leonardo Castoldi, commissario giudiziale prima e curatore fallimentare poi della società pubblica dichiarata fallita nel 2017. Nuova udienza del processo sulla fine del Centro di ricerca e alta formazione. Sul banco degli imputati, con l'accusa di bancarotta semplice, sono finiti in otto tra politici ed ex amministratori tra i quali il sindaco Matteo Biffoni nella sua qualità di presidente della Provincia (avvocati Nicolosi e Lucibello), il suo predecessore Lamberto Gestri (avvocato Renna), l'ex presidente della società Luca Rinfreschi (avvocato Rocca) e Laura Calciolari (avvocato Rondanina).
Per il commercialista Castoldi, chiamato a testimoniare dal pubblico ministero Lorenzo Boscagli, è stata la quarta udienza. Tanto c'è voluto, tra esame e controesame, per ricostruire la complessa storia del Centro di ricerca e alta formazione, i vari passaggi, le difficoltà, gli squilibri economici, i finanziamenti pubblici fino allo sventolare della bandiera bianca nel 2016 quando Calciolari, dopo aver incassato il no a ulteriori fondi, ha portato i libri in tribunale.
La difesa di Calciolari ha puntato sulle leve eventuali che l'amministratore avrebbe potuto azionare per dare una svolta al destino del Creaf. “Quando ci siamo sentiti – ha detto Castoldi – è stata chiara, mi ha detto che non ha potuto esercitare la propria professionalità essendosi trovata in un contesto diverso da quello prospettato. Ha avuto il coraggio di chiudere, lo ha fatto presentandosi con un concordato un po' così, ma ha fatto quello che si doveva fare già anni prima”.
Al centro dell'udienza è finito, per l'ennesima volta, l'immobile di via Galcianese: “Ho provato a venderlo in tutti i modi – ancora Castoldi – i rilievi che mi venivano mossi riguardavano la vetustà della concezione del fabbricato. Miracolosamente è arrivato qualcuno che lo ha comprato, la società della Regione che ha messo sul piatto 5 milioni 700mila euro, pari pari il prezzo a cui io ho inutilmente provato a cederlo”.
E di nuovo, come nelle passate udienze, i tentativi di dare un contenuto all'immobile, di dare una ragione concreta alla società, di dare un volto operativo al Creaf. Tutto rimesso in fila: dall'accordo con il Polo di Navacchio alla società italo-cinese appositamente creata. Nulla è mai arrivato in porto.
L'avvocato Rocca ha aperto un focus sul ruolo di Rinfreschi e in particolare sugli anni della sua gestione fino alle dimissioni all'inizio del 2014: “Ha cercato con tutte le sue forze di trovare risorse per la sopravvivenza ma non c'è riuscito – ha detto Castoldi – condivido il suo comportamento, bene ha fatto a dimettersi ma purtroppo non sempre bastano le dimissioni”. Pronta la replica dell'avvocato: “Questo le vedremo nel corso del processo, non sta a lei questo giudizio”.
In aula, a testimoniare, anche Daniele Panerati, primo amministratore della società all'epoca in cui rivestiva la carica di vicepresidente della Provincia. Nella prima parte dell'inchiesta compariva anche il suo nome tra quelli degli indagati ma poi la sua posizione è stata archiviata. Era l'inizio del Creaf, c'erano speranze, prospettive, progetti. Tutto naufragato.

nt
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(N° 4 del 14/02/2009)
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Direttore responsabile: Claudio Vannacci

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Redazione: Via del Biancospino, 29/b, 50010
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