Processo con rito abbreviato per la morte di Giancarlo Ravidà, l'accusa chiede tre anni di reclusione
Lunga attesa, fuori dall'aula, per i genitori del diciannovenne morto il 4 gennaio dello scorso anno dopo essere stato investito da un'auto condotta da un uomo che si costituì due giorni dopo. La mamma: "Grazie a chi chiamò subito i soccorsi, solo per questo abbiamo potuto donare gli organi ed evitare che Giancarlo morisse un'altra volta". Venerdì la sentenza
“Mio figlio soccorso da due angeli, Martina e Tuna. Quattro minuti e c'era già l'ambulanza e solo grazie a questa tempestività abbiamo potuto donare gli organi ed evitare che Giancarlo morisse due volte. Giancarlo vive attraverso la donazione, la sezione Aido della regione Puglia è stata intitolata alla sua memoria ”. Parla la mamma di Giancarlo Ravidà, il diciannovenne morto il 4 gennaio dello scorso anno dopo essere stato investito in via Valentini dall'auto condotta da un marocchino di 28 anni che si costituì in questura 48 ore dopo. Parla fuori dall'aula del palazzo di giustizia dove oggi, mercoledì 18 maggio, si è celebrato il processo con rito abbreviato al marocchino accusato di omicidio colposo e omissione di soccorso. Per lui i sostituti Antonio Sangermano e Lorenzo Gestri hanno chiesto tre anni di reclusione. Il difensore, Leonardo Pugi, ha chiesto l'assoluzione mentre l'avvocato Luca Brachi, che assiste la famiglia Ravidà, ha chiesto una provvisionale di 200mila euro per ciascun familiare costituito parte civile. Il giudice Francesco Pallini leggerà la sentenza venerdì prossimo. “Quella sera squillò il mio telefono – racconta ancora la mamma di Giancarlo Ravidà – dall'altra parte una donna mi diceva che c'era un ragazzo a terra. Era Martina, aveva preso il telefonino di mio figlio e aveva scorso la rubrica trovando il mio numero registrato alla voce mamma”. Giancarlo, studente universitario, originario di Foggia, viveva da un paio d'anni a Prato con il padre, Giandomenico, medico dell'ospedale Santo Stefano. Stava attraversando la strada all'altezza della pizzeria Il Ragno dopo essere uscito dalla sala giochi quando venne travolto dall'auto condotta dal marocchino e su cui viaggiava anche un suo connazionale. La ricostruzione di quanto accaduto è stata fatta dai consulenti della procura e della difesa. Due, tra i tanti, sono gli elementi in discussione. Il primo: l'imputato commise l'omissione di soccorso? Sì secondo l'accusa, no secondo la difesa che ha sostenuto che il giovane accostò la macchina poco più avanti e che pochissimi minuti dopo sul posto c'era già un'ambulanza; l'uomo, che si avvicinò al punto dell'impatto, però non disse a nessuno che era stato lui a investire il ragazzo. “Si avvicinò solo per capire se qualcuno aveva visto, non immaginava la presenza delle telecamere”, il commento del padre della vittima. Altro elemento, il tempo impiegato dal conducente per reagire a ciò che stava succedendo: il tempo di reazione psicotecnico per accorgersi del pericolo e frenare o sterzare è di poco inferiore a un secondo e mezzo, il marocchino ci mise un secondo e 8 decimi.