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E' stato condannato a dieci anni di reclusione per aver violentato tutti i giorni, per un mese esatto, il compagno di cella. Trenta episodi di violenza sessuale, uno stupro continuato e aggravato da minacce e intimidazioni, avvenuto tra le mura del carcere della Dogaia.
Oggi, 24 aprile, il gip Alberto Lippini ha emesso la sentenza di condanna a carico di un marocchino di 45 anni. Mentre la vittima è un cinese di 37 anni. Accolta in pieno la richiesta del pm Laura Canovai che aveva chiesto appunto 10 anni di reclusione partendo dalla pena di 15 con lo sconto di un terzo previsto dal rito abbreviato.
Entrambi erano reclusi nel settimo braccio della Dogaia, quello che accoglie persone indagate o condannate per reati relativi a violenze su minori. Il cinese in carcere con l'accusa di atti sessuali sulla figlia minorenne, il marocchino, pluripregiudicato, detenuto per un cumulo di pena di tre anni per maltrattamenti e violenza in famiglia, tentata violenza privata, spendita di monete false, porto di oggetti atti all'offesa.
La vicenda venne fuori quando la vittima trovò il coraggio di confidarsi con un agente di custodia, che subito fece partire la denuncia. L'indagine, coordinata inizialmente dal sostituto procuratore Antonio Sangermano e poi passata alla collega Laura Canovai, portò al rinvio a giudizio del violentatore che tentò inutilmente di giustificare i rapporti come consenzienti e frutto di un'attrazione reciproca tra i due detenuti.
Il mese di calvario del cinese sarebbe iniziato il 23 dicembre 2016 per chiudersi lo stesso giorno del gennaio 2017, quando il cinese fu trasferito a Sollicciano.
Gli stupri sarebbero sempre stati compiuti nel silenzio dell'ora di cena, quando gli altri detenuti si riunivano in mensa e i due – secondo quanto accertato – restavano in cella. Le visite mediche a cui è stata sottoposta la vittima avrebbero accertato la brutalità degli atti sessuali.
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