Omicidio Lo Cascio, il pm non fa sconti: "Condannate all'ergastolo il suo assassino"
In corso a palazzo di giustizia il processo contro il marocchino 30enne accusato dell'omicidio volontario del portiere d'albergo sgozzato con un pezzo di vetro mentre andava a lavorare. Sentenza il 21 febbraio
Ergastolo per l'assassino di Leonardo Lo Cascio, il portiere di notte di 38 anni ucciso per un telefonino e qualche spicciolo la sera dello scorso 30 marzo nei giardini del Palazzo di giustizia.
E' la richiesta avanzata oggi, mercoledì 14 febbraio, dal pubblico ministero Egidio Celano per Abdelghani Ammari, marocchino di 30 anni accusato di omicidio volontario pluriaggravato. L'imputato, difeso dagli avvocati Luca Ancona e Gabriele Terranova, ha scelto di essere processato con il rito abbreviato e per effetto di questo il pm ha chiesto al giudice delle udienze preliminari, Francesco Pallini, di eliminare la condanna a diciotto mesi di isolamento diurno. In aula sia l'imputato che i familiari della vittima. La madre, il fratello e la sorella di Leonardo Lo Cascio, assistiti dagli avvocati Eugenio Zaffina, Alessandro Oliva e Giulia Marini, si sono costituiti parte civile.
Un omicidio brutale e gratuito quello emerso dalle due ore di requisitoria del pm che ha ricostruito nel dettaglio quanto avvenne quella sera. Una manciata di minuti da quando Leonardo Lo Cascio scende dall'autobus e si incammina verso il posto di lavoro, l'Art Hotel Museo, a quando Abdelghani Ammari lo colpisce da dietro e con un coccio di bottiglia gli trancia la vena giugulare. Le telecamere di sicurezza inquadrano alle 21.27 il marocchino che segue a qualche passo di distanza la vittima, alle 21.28 il contatto tra i due e alle 21.30 Lo Cascio è già morto. “La consulenza medico legale ci dice che Lo Cascio è morto in due minuti – le parole del pm in aula – preso alle spalle con un colpo inferto dal basso verso l'alto che non gli ha lasciato scampo”.
Nella ricostruzione dell'accusa anche le bugie del marocchino che, per difendersi, inventa storie sul conto della vittima: “Ad un certo punto dice che c'era una conoscenza pregressa, che Lo Cascio doveva saldare un debito di droga e che per questo c'è stata la lite ma è categoricamente smentito dai fatti e dagli esami che la vittima abbia mai fatto uso di stupefacenti”. Il pubblico ministero, che ha smontato una a una le possibilità di riconoscere e concedere le attenuanti generiche, ha stigmatizzato anche la “lucidità” con la quale il marocchino, il giorno dopo l'omicidio, “ha progettato la fuga dall'Italia”. Ammari fu arrestato dai carabinieri all'aeroporto di Bologna mentre aspettava di imbarcarsi su un volo diretto in Marocco. Da quel momento una lunga serie di menzogne che hanno infangato la memoria di Leonardo Lo Cascio che “quella sera – testuali parole del pm – sceglie per sua sfortuna di andare al lavoro passando dalla strada interna del piazzale del tribunale anziché percorrere viale della Repubblica”.
“Un luogo appartato, un'ora tarda, una zona scarsamente illuminata, gli alberi che fanno da schermo tra il piazzale interno del tribunale e la strada, la vittima colpita alle spalle con la finalità della rapina, un'azione spropositata rispetto all'obiettivo – ha detto il pm – Ammari poteva strappare lo zaino alla vittima e invece ha preferito compiere l'aggressione che è costata la vita a Leonardo Lo Cascio”. Elementi, insieme ad altri, che hanno portato a contestare l'omicidio volontario pluriaggravato dalla rapina, dalla minorata difesa e dai futili motivi.
Le parti civili hanno chiesto un risarcimento di un milione di euro ciascuno alla madre e al fratello che vivevano con la vittima, e di 750mila euro alla sorella non convivente. L'avvocato della difesa Luca Ancona ha chiesto al giudice di derubricare il reato di omicidio volontario in omicidio preterintenzionale e quello di rapina in furto.
La sentenza è attesa il 21 febbraio.
nadia tarantino