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La “fuga” dal mondo dei nostri ragazzi per rifugiarsi nel virtuale: sta a noi genitori aiutarli a spiegare le vele e affrontare la vita reale


In Giappone il fenomeno degli "hikikomori" è conosciuto da tempo ma adesso sta affacciandosi anche da noi: la loro non è pigrizia, ma disperata ricerca di uno sguardo adulto capace di guidare, di indicare una direzione


Redazione


Introversi, sensibili, intelligenti. Non depressi né agorafobici, tanto meno ammalati bensì tragicamente delusi dall’oggi e dal contesto attuale. Sono gli hikikomori (termine che dal giapponese significa escludersi, stare in disparte), quei giovani che decidono di isolarsi, ritirarsi dal confronto con gli altri, dalla vita sociale per rifugiarsi nel virtuale, tra internet e video games. Il tramonto di ideali, la scomparsa di motivazioni esitano in un progressivo disinvestimento che iniziando dalla scuola arriva persino ad includere amicizie e relazioni sociali. Fenomeno, largamente diffuso in Giappone, sta approdando adesso nelle nostre zone cogliendo di sorpresa noi genitori che osserviamo attoniti, increduli, impotenti
Non è superficialità bensì timore, terrore di vivere che porta all’apatia, ad un’inarrestabile resa. Perché ci vuole coraggio per acconsentire al fatto di essere nati, per prendere in mano il proprio destino e per accompagnarlo alla ricerca di un senso del vivere.
Non è pigrizia, ma disperata ricerca, tra smarrimento e desolazione, di uno sguardo adulto capace di guidare, di indicare una direzione. Uno sguardo che non manifesti giudizio, controllo, obbligo o divieto bensì comprensione, apertura, accettazione, passione.
Non è psicopatologia ma atrofia del desiderio che uccide ogni slancio, che preclude ogni domani imprigionando in un eterno presente noioso e insignificante. Perché solo il desiderio tiene viva l’immaginazione, spingendo all’azione e dilatando orizzonti di vita. E quando diventiamo sordi al richiamo del desiderio lì la vita si ammala, lì la vita si ferma.
Ecco quindi il rifugio, la reclusione, l’autoesclusione da ogni speranza. Troppo doloroso sarebbe il crollo dell’illusione di un’ipotetica autorealizzazione, troppo rischioso intraprendere il viaggio senza l’idea di una possibile destinazione. E si rimane nel porto. Troppo mare, troppo cielo, troppo orizzonte, troppo tutto.
Il loro nichilismo diventa allora provocazione, grido di aiuto che possiamo e dobbiamo ascoltare. Dietro l’atteggiamento rinunciatario, la loro apparente disillusione, ancora c’è fuoco. Un fuoco nascosto che brucia di speranze mai sopite, di bisogni mai saziati.
Anche i nostri ragazzi, seppur non hikikomori, non di rado si ritrovano ancorati, bloccati dalle loro insicurezze, dalle loro incertezze. Bisognosi di testimoni appassionati, piuttosto che di maestri disincantati e vissuti distanti per i troppi "dovresti", restano in attesa.
Aiutiamoli a "salpare", a mettersi in gioco, a rischiare di osare. Esiliamo per un attimo il nostro cinismo, controlliamo pessimismo e rassegnazione. Sfrontatamente ma non ingenuamente orientiamo il nostro sguardo alla ricerca di squarci di bellezza, rintracciabili comunque in qualcosa o qualcuno. Niente è più sprecato di una vita trattenuta, sospesa. Possano allora concedersi il lusso di desiderare, lanciati in un’irrefrenabile corsa verso l’essenziale. Ancora, ancora, ancora di più. Con la stessa grinta e la stessa passione di un tempo. Perché non è mai troppo tardi per iniziare a sperare, per mettersi in viaggio e raggiungere la "luna", la nostra, la loro. A ciascuno il suo viaggio, a ciascuno il suo destino. Il nostro cuore per sempre con loro irremovibilmente lì, alla giusta distanza, un passo indietro, uno sguardo avanti per mantenere la nostra promessa: trasmettere ipotesi di senso, speranza e passione di vita. Come è giusto che sia, di generazione in generazione.

Teresa Zucchi
Edizioni locali: Prato
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è una testata registrata presso il Tribunale di Prato
(N° 4 del 14/02/2009)
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Direttore responsabile: Claudio Vannacci

Editore: Toscana Tv srl

Redazione: Via del Biancospino, 29/b, 50010
Capalle/Campi Bisenzio (FI)

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