Alla spicciolata arrivano le querele dei piccoli risparmiatori contro la Banca popolare di Vicenza. Negli ultimi giorni ne sono state depositate altre cinque e in tutte sono descritte le modalità utilizzate dall'istituto di credito per vendere le proprie azioni che in due anni sono passate da un valore di 62 euro e 50 a 10 centesimi, valore fissato per l'ingresso in Borsa poi saltato. Praticamente, il pacchetto minimo di 100 azioni comprato a 6.250 euro oggi vale 10 euro. Lentamente sale in superficie la rabbia di chi si sente truffato e pretende indietro i risparmi convertiti in azioni. Le querele puntano proprio alla truffa e all'estorsione, ipotesi di reato quest'ultima su cui la procura ha aperto un fascicolo d'inchiesta che, al momento, conta sedici indagati; tra loro l'ex direttore generale Samuele Sorato e diversi sportellisti, vale a dire l'anello di congiunzione tra clienti e livelli dirigenziali della banca. Alla quindicina di imprenditori che ha denunciato il sistema BpVi, si aggiunge dunque un primo stuolo di piccoli risparmiatori che ha scelto di muoversi autonomamente anziché affidarsi ad associazioni o ai comitati sorti spontaneamente ancor prima che sull'istituto vicentino si abbattesse la bufera giudiziaria. La procura lavora a ritmo serrato sull'inchiesta: il procuratore capo Giuseppe Nicolosi ha incaricato i sostituti Laura Canovai e Lorenzo Boscagli che, messo insieme il carico ponderoso e complesso di materiale cartaceo e informatico sequestrato dalla guardia di finanza in varie sedi della banca, sono in attesa delle risultanze dell'esame dell'esperto a cui è stato chiesto di fornire una lettura ragionata. La procura, intanto, già da tempo avrebbe in mano “riscontri documentali” sull'estorsione che documenterebbero il metodo usato per costringere risparmiatori e imprenditori ad acquistare le azioni legando tale operazione all'accensione di mutui o al mantenimento degli affidamenti.
nt